Un’utopia concreta è stata definita la proposta del reddito minimo in Italia, unico paese europeo – insieme alla Grecia – a non disporre di questa elementare misura di sostegno del cittadino operoso. Solo due anni fa il titolo di un fortunato libro del Basic Income Network- Italia (Bin) alludeva a questa misura pragmatica che oggi, a causa del precariato dilagante, viene riconosciuta da generazioni e lavoratori di diversa estrazione sociale e professionale. I dati sulla precarietà pubblicati ieri da Datagiovani lo confermano. Nel primo trimestre 2012 l’incidenza del precariato ha toccato il 16% del totale degli occupati. In termini assoluti i precari sono passati dai circa 2,6 milioni nel 2004 agli oltre 3,5 milioni nel 2011, quasi 1 milione in più. In questa situazione, il reddito è ormai una necessità. Lo sostengono i promotori della proposta di legge di iniziativa popolare per il reddito minimo che hanno un obiettivo: raccogliere 50 mila firme entro l’8 dicembre. In questa settimana, e fino a domenica 21 ottobre, hanno organizzato oltre 50 iniziative in tutto il paese, da Lecce a Lucca fino a Milano dove sabato Macao in viale Molise ospiterà l’«Agorà per il reddito» promossa da San Precario. Università, spazi occupati di nuova generazione, associazioni civiche, partiti (Sel e Rifondazione) e nuclei sindacali (ad esempio il Nidil-Cgil di Brescia) si stanno mobilitando per dimostrare che oggi il reddito è un’esigenza trasversale di auto-tutela che accomuna il lavoro postfordista e le categorie tradizionali del lavoro subordinato.
Una delle iniziative che restituiscono il clima in cui sta crescendo la campagna di raccolta delle firme è stato il pranzo organizzato dai soci disoccupati della Fratellanza Artigiana di Genova, fondata nel 1877, domenica scorsa. Lo spirito è quello del mutualismo delle origini, quando i lavoratori solidarizzavano nelle società di mutuo soccorso. «Il reddito – sostiene Maria Pia Pizzolante di Tilt, tra i promotori della proposta di legge – viene considerato uno strumento di sostegno anche dalle giovani coppie, spesso disoccupate, ma che hanno avuto bambini. Quando raccogliamo le firme incontriamo realtà come queste. Spesso non c’è nemmeno la speranza di rivendicare diritti». «Detto francamente – aggiunge Sandro Gobetti del Bin – non ci aspettavamo questa diffusione delle iniziative. Forse le persone iniziano a vedere nel reddito uno strumento di riscatto da un lavoro miserabile o dalla disoccupazione». Gobetti racconta un episodio accaduto nei giorni scorsi nel quartiere romano di Casal Bertone: «Una signora anziana mi ha detto di avere la pensione minima, ma di non potere lasciare nulla ai nipoti, mentre il figlio quarantenne è disoccupato. In compenso quello che può lasciargli è una firma per il reddito garantito».
A Milano, gli attivisti di San precario sfideranno in «singolar tenzone» i politici venerdi 26 ottobre alla Casa della cultura. Chiederanno conto delle ragioni per cui il reddito non è stato ancora adottato «in un paese dove solo un disoccupato su quattro riesce ad accedere agli ammortizzatori e dove più della metà dei contratti sono precari».
La proposta di legge sul reddito minimo può essere consultata sul sito redditogarantito.it. Prevede l’erogazione di 600 euro mensili, 7200 euro annui, l’erogazione di benefici indiretti da parte degli enti locali e impone al governo (il prossimo) la definizione di una riforma degli ammortizzatori sociali che introduce un sussidio unico di disoccupazione esteso a tutte le categorie di lavoratori a prescindere dall’anzianità contributiva o dalla tipologia contrattuale.
Pubblicato su: Il Manifesto 18 ottobre 2012