Finalmente abbiamo un Decreto, delle spiegazioni e delle (ipotetiche) tempistiche: il reddito targato 5 Stelle non è più solo un’evocazione, tra pochissimi mesi dovrebbe arrivare direttamente nelle tasche dei cittadini che ne avranno diritto. Qui non vogliamo soffermarci sulle modalità di erogazione, i possibili beneficiari e gli aspetti tecnici, ma sulle 5 obiezioni più diffuse che vengono mosse alla misura pentastellata (in particolare dal PD). Cinque obiezioni addirittura peggiori della misura stessa, alla quale andrebbero mosse ben altre contestazioni, che nessuno invece esplicita, e che proveremo a sintetizzare di seguito.
1) È UNA MISURA ASSISTENZIALE CHE FARÀ RIMANERE LA GENTE SUL DIVANO!
No caro amico, non è una misura che fa restare le persone sul divano. Bisognerà svolgere 8 ore di lavoro gratuito presso il proprio Comune di residenza, partecipare obbligatoriamente a corsi di formazione e non essere mai assenti alle convocazioni del “navigator” o dei centri per l’impiego, pena sanzioni o l’esclusione dalla misura.
Ci chiediamo, invece, che razza di idea della povertà sottenda una misura come questa. Forse di un povero pigro, indolente, incline a restare tutto il giorno in pigiama davanti alla televisione. La realtà è che i poveri spesso lavorano molto e sono impiegati con salari da fame. Il loro tempo è già pieno, pieno di smart jobs, lavoretti, lavoro nero e sottopagato. In più il famoso lavoro socialmente utile altro non sarà che lavoro gratuito erogato per i Comuni, che andrà a sostituire altre attività a oggi retribuite.
2) SI POTRANNO RIFIUTARE I LAVORI OFFERTI, È VERGOGNOSO!
Non è esatto: si potrà rifiutare fino a un massimo di 3 offerte lavorative, dopo la terza si verrà esclusi dal beneficio per almeno 18 mesi. Ma è sulle condizioni dell’offerta che arriva la parte più interessante: la prima dovrà essere in un raggio di 100 km dalla residenza, la seconda entro 250 e la terza in tutto il territorio nazionale. Passati 12 mesi senza ricevere offerte, già la prima sarà entro 250 km e la seconda su tutto il paese.
Non solo quindi si dovrà lavorare gratuitamente e sottostare a un rigido controllo ma bisognerà anche accettare qualsiasi lavoro in qualsiasi parte d’Italia. Non conta dove vivi, dove hai costruito i tuoi affetti, dove hai famiglia, figli, amici o semplicemente dove desideri restare. Sei un numero, un peso, devi andare ovunque ti dicano, dovendo anche sostenere i costi del trasferimento (affitto, trasporti, ecc.).
3) VA BENE, E ALLORA I FURBETTI?
Viene previsto un rigido controllo attraverso l’incrocio di vari database (INPS, Ministeri, Poste, ecc.) per verificare l’eventualità non solo di false dichiarazioni sull’ISEE ma anche di eventuale lavoro nero, che dovrà essere scovato anche grazie all’aiuto dei navigator (precari che dovranno collocare e controllare altri precari e disoccupati, ma questa è un’altra storia su cui torneremo molto presto).
Erano molti anni che nel paese non esisteva un’attenzione così elevata al lavoro nero. Solo che la stagione della caccia non si apre nei confronti di quei datori di lavoro che impiegano illegalmente forza lavoro ma di tutte quelle persone costrette al nero per campare, senza contributi, ferie, malattia, infortuni, invisibili. Da oggi diventeranno dei “furbetti”, perché se lo Stato ti aiuta con qualcosa e riesci ad arrivare alla fatidica soglia dei 780 il tentativo di guadagnare con il lavoro qualcosa in più sarà giudicato come una spregevole truffa, un tradimento del rapporto di fiducia con lo Stato.
4) SI MA IL REI ERA UNA MISURA MIGLIORE, PIÙ COMPLETA E ATTENTA ALLE FORME DI POVERTÀ.
No, il ReI non era una misura migliore, per un motivo molto semplicemente: perché il finanziamento per il reddito 5 Stelle è enormemente più alto e contiene gli stessi meccanismi di condizionalità, controllo e umiliazione dei poveri.
Possiamo aggiungere che il ReI era ispirato esattamente dalla stessa visione della povertà: una colpa da espiare, un’onta da lavare via grazie all’aiuto di persone più responsabili di te, in grado di indirizzarti sul giusto cammino.
5) IN QUESTO MODO NON SI AIUTANO LE IMPRESE, NON SI AIUTA IL LAVORO!
Falso anche questo. Sapete che le aziende che assumeranno i percettori di reddito continueranno a percepirlo, al posto del beneficiario, per un periodo che andrà dai 6 ai 18 mesi? Si tratta di una gigantesca iniezione di liquidità in cambio di un’assunzione che dovrebbe essere di almeno un anno (su questo tema ancora non ci sono certezze).
Di soldi pubblici alle imprese in questi anni ne sono stati regalati tanti, tantissimi. Il taglio dell’IRES, il bonus Renzi, la diminuzione delle aliquote INAIL appena varata da questo governo: si sentiva veramente il bisogno di regalarne altri, senza vincoli sugli investimenti, le stabilizzazioni e le forme contrattuali?
Ci piacerebbe che questa fosse una misura veramente incondizionata e universale. Ci piacerebbe poter rivendicare il diritto al divano, a un po’ di riposo visto che da anni, troppi anni, lavoriamo tanto per pochissimi soldi, visto che la nostra generazione è scappata alla ricerca di qualcosa di meno umiliante, meno insopportabile. Ci piacerebbe poter dire che si tratta di una misura in grado di respingere il ricatto del lavoro a tutti i costi e a qualsiasi condizione, ma così non sarà; il livello di condizionalità e il rischio di perdere il reddito costringeranno ancora ad accettare lavori dequalificati, sottopagati e senza diritti. Ci piacerebbe dire che si tratta di una misura di autonomia ma non è così: la mobilità forzata sul territorio nazionale, la base ancora familiare e l’obbligo di tutto il nucleo al controllo e alla “formazione” (il vero business delle politiche attive) non faranno altro che aumentare la dipendenza e i ricatti anche all’interno delle famiglie, come spiega da anni il movimento femminista attraverso la rivendicazione di un reddito di auto-determinazione. Ci piacerebbe perché da tempo chiediamo a gran voce in Italia un reddito di base, universale e incondizionato e questa è molto più di un’occasione persa, rischia di essere un colpo mortale alle istanze che da anni vengono portate avanti su questo terreno.
Ma questo non vuol dire che resteremo a guardare. Soprattutto non vuol dire appiattirsi sulle critiche che la magnifica classe politica di questi anni, del PD o di Forza Italia, continuano a fare a questa misura: una critica snob, miope, incapace di comprendere la strada migliore perché completamente inconsapevole delle condizioni materiali di milioni di persone. Criticare il reddito dei 5 stelle vuol dire sposare le idee di chi dice “il reddito è per i furbetti del meridione”? No, vuol dire esattamente il contrario. Vuol dire assumersi la responsabilità di spazzare via questa classe politica e di individuare anche un pericolo reale, il pericolo di chi dice di voler aiutare gli ultimi mentre tenta solo di schedarli, controllarli, umiliarli, separarli dal resto della società e farne un esercito pronto ad accettare qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione. La povertà è anche schiavitù, ma la schiavitù può andare tranquillamente a braccetto con un po’ di elemosina e di questo dobbiamo preoccuparci.
Perché quello di cui abbiamo bisogno, cari signori, è di un reddito che ci permetta di alzare la testa, dire dei ‘no’, organizzarci, lottare per salari migliori, ricomporre su terreni nuovi, ancora tutti da sperimentare; è drammatico in questo quadro che alcune organizzazioni sindacali ancora non colgano l’importanza strategica di questa battaglia per le condizioni di vita delle persone e per il lavoro stesso.
Per queste ragioni da oggi inizia una nuova battaglia: organizzarci come percettori e insieme ai percettori del reddito, costruire sportelli, combattere dentro il sistema di controllo e sanzionamento, chiedere più fondi, pretendere di poter restare nelle città dove abbiamo scelto di vivere. Per affermare che questa misura va allargata, migliorata e trasformata. Per affermare che si può essere anche poveri ma che alla dignità non si può dare alcun prezzo.