Il caso. Rivederlo, e non abolirlo: ecco un altro bluff dei renziani di Italia Viva per tenere in ostaggio un governo incerto a tutto. Ma la misura-bandiera dei Cinque Stelle è il prodotto di un pasticcio tra un salario concesso in cambio di un lavoro che non c’è e l’idea di un reddito incondizionato. E ora partono i “progetti di pubblica utilità” (PuC): la nuova frontiera dello sfruttamento del lavoro gratuito obbligatorio. Serviranno a dimostrare che il “reddito” produce occupazione
È dunque possibile che il «tagliando» che il governo farà al «reddito» consisterà nel sollecitare la partenza di un progetto di controllo sociale a sostegno delle imprese mediante piattaforme digitali. Parisi sostiene che si partirà dopo luglio. Non è chiaro se prima o dopo Ferragosto. Sempre che poi questo «reddito» parta, e vada a regime, non è affatto chiaro se funzionerà.
Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, teorico di questa misura, è in difficoltà: da settimane precisa che, in mancanza di crescita e investimenti, questa «politica attiva del lavoro» (che «reddito di cittadinanza» non è, né sarà) non funzionerà mai. E del resto, ha aggiunto, è una misura contro la povertà nei cui obiettivi non rientra l’aumento dell’occupazione. Sussidio vincolato a un lavoro o reddito incondizionato? È questo l’equivoco creato dalla misura attuale, come dal precedente «reddito di inclusione» (ReI) difeso anche dai renziani e assorbito dal nuovo sistema, anche se nessuno sembra volerlo capire. L’equivoco è il frutto di una truffa semantica operata dai Cinque Stelle da cui nessuno vuole uscire. Non interessa a chi dalla destra classista attacca il governo perché «regala» soldi ai poveri. E non sembra nemmeno interessare alla sinistra che potrebbe rivendicare il diritto all’esistenza dentro e contro il mercato capitalistico a partire da un reddito di base incondizionato. Potrebbe trarre da questo una ragione d’esistenza. E invece non lo fa. Non a caso.
L’idea ribadita ieri da Tridico per cui misure come il «reddito» esistono «da 20 anni» è parzialmente vera. Parzialmente perché in nessun paese esiste una vera politica di «reddito di cittadinanza». Vera perché esistono schemi costrittivi – anche se quello italiano è sulla carta particolarmente efferato con i poveri – che hanno creato una nuova realtà: la «trappola della precarietà». Chi entra in questi sistemi non esce mai più. Diventa dipendente dal sussidio e, per di più, sarà obbligato a svolgere prestazioni volontarie per i comuni e il terzo settore fino a sedici ore a settimana, pena la perdita del sussidio. Si chiamano progetti di pubblica utilità (Puc), partiranno a breve, sono la nuova frontiera dello sfruttamento e serviranno a chi nel governo vuole dimostrare che il «reddito» produce occupazione.
Tratto da Il Manifesto edizione del