La campagna. Lo pensano in molti: dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico alle associazioni come il Forum Diseguaglianze e Diversità, BIN Italia i sindacati CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario e Adl Cobas, Rete die Numeri Pari, precari dello spettacolo, della cultura e molti altri che hanno firmato l’appello “La cultura non viene (mai) dopo”. La misura, modificata e resa universale e incondizionata, potrebbe anche integrare ciò che i lavoratori in cassa integrazione perdono del loro salario. Tutto questo può essere fatto in poco tempo, in vista dei prossimi decreti, dopo quello “Cura Italia” adottato a marzo contro gli effetti prodotti dal blocco per contrastare la diffusione del coronavirus. Oggi parte la fotopetizione sul “reddito di quarantena”.
Il rischio, in questo caso, è che si tratti di uno stimolo monetario esiguo considerato il reddito medio procapite in questo paese, e può risultare diseguale. Si tratta invece di pensare, già da ora e in prospettiva, a una misura universalistica, a partire da chi è escluso da un salario, e da chi lo percepisce precariamente, e rendere il sostegno strutturale.
In ogni caso, misure simili sono senza precedenti. Ricordano forme di reddito di base dell’emergenza, un “denaro dall’elicottero” di cui si torna è tornati a parlare. Su Il Manifesto ne abbiamo parlato con l’economista Andrea Fumagalli.
Cosa succede in Italia
Con il decreto “Cura Italia” il governo italiano, a marzo, ha scelto una strada non universalistica ma lavoristica dell’ammortizzatore sociale della cassa integrazione. I due approcci, va detto, non si escludono e possono essere integrati. In un certo senso è quello che già avviene nelle pieghe del provvedimento, non privo di criticità.
Si pone un problema di eguaglianza e universalità della misura, sia rispetto alla platea già cospicua coinvolta, sia rispetto agli esclusi. Il problema può acuirsi man mano che il blocco continuerà oltre il 3 aprile.
I fondi stanziati per le prossime settimane sono ingenti, pari a 10 miliardi complessivi, sui 25 in totale. Basteranno solo per l’emergenza immediata. Ne serviranno altri per misure che prevedono anche la sospensione delle scadenza fiscali. Pur nella sua estensione, il pacchetto si presenta frammentario rispetto alla copertura della totalità dei lavoratori, e potrebbe presentare anche difficoltà di accesso non risolte.
La cassa integrazione risulta essere estesa in maniera considerevole, anche per microaziende con un solo dipendente. L’importo varia in base alla tipologia della misura percepita. Si rischia però di penalizzare i beneficiari a causa della differenza tra il sussidio e il salario percepito prima della crisi.Un paradosso rispetto all’impianto del decreto che giustamente aspira a tutelare i beneficiari contro gli effetti della crisi. In questo quadro vanno anche considerati i congedi parentali.
Un’indennità dovrebbe andare ad altre tipologie di precari: gli stagionali del turismo e dell’agricoltura, i lavoratori dello spettacolo. E’ previsto il “reddito di ultima istanza”. La lettura del testo ha permesso di chiarire la definizione: è un sostegno da 300 milioni di euro agli lavoratori autonomi iscritti agli ordini professionali da cui in molti casi si attendono precisazioni. Lo stesso fondo dovrebbe coprire i lavoratori domestici, esclusi dalla cassa integrazione. Considerata la vastità della platea i fondi si esauriranno presto. La gestione di questa partita sarà prevedibilmente complicata dalla frammentarietà delle misure e dalla mancanza di un approccio universalistico.
Un problema di eguaglianza e universalità
Passiamo al capitolo bonus da 600 euro per gli iscritti alla gestione separata dell’Inps, per un terzo lavoratori autonomi a partita Iva per due terzi lavoratori parasubordinati con contratti di collaborazione o altro.E’ un sussidio straordinario, comunque un primo riconoscimento di un contributo non universalistico perché vincolato alla prova di una perdita del fatturato di almeno il 33% a una categoria del lavoro – e non dell’impresa come di solito sono intese le partite Iva. Purtroppo il governo lo ha concepito, per il momento, come una misura di emergenza, non strutturale, come del resto è l’intero provvedimento concepito nell’auspicio, probabilmente fallace, che questa crisi durerà poco. E’ auspicabile, senz’altro, ma i suoi effetti dureranno a lungo e rischiano di produrre effetti molto gravi.
Va anche segnalata la gestione disastrosa del “click day”. E’ sembrato che il governo avesse lanciato una “guerra tra poveri”, ovvero la corsa ad accaparrarsi risorse limitate per di più via piattaforma, ormai l’unica interfaccia con il mondo recluso. L’iniziativa dell’Inps è stata sospesa dopo una giornata di polemiche. Il governo ha assicurato che le risorse ci saranno per tutti. Colpisce la precarietà del sistema. In questa chiave i freelance dell’associazione Acta hanno chiesto l’istituzione di un sistema universalistico di ammortizzatori sociali per tutti, modulato in base alle esigenze di ciascuno.
Perché estendere, e modificare, il “reddito di cittadinanza”
Il problema è stato posto in questi giorni da chi ha iniziato a parlare di un “reddito di quarantena”, non inteso come forma ulteriore di ammortizzatore sociale che si aggiungerebbe a uno scenario già frammentato, ma come estensione del cosiddetto “reddito di cittadinanza” in senso universalistico, incondizionato e non vincolante, destinato ai poveri relativi (14 milioni di persone in Italia). La misura è finanziabile nell’emergenza anche con l’alluvione monetaria in arrivo dalla Banca Centrale Europea, con altre cospicue misure economiche di investimento annunciate, oltre che con una riforma fiscale progressiva nel medio-lungo termine. E potrebbe essere usata per correggere e integrare l’estensione delle varie forme di cassa integrazione.
In questa prospettiva chi rischia di perdere una parte del proprio salario potrebbe ricevere ciò che manca da una quota del reddito. Chi è estraneo agli ammortizzatori sociali così riformati dal decreto “Cura Italia” può ricevere un reddito pieno calcolato sul massimale del “reddito di cittadinanza” vigente: 780 euro, subito, a testa. L’estensione di questa misura andrebbe a beneficio di chi è disoccupato, lavora nella zona grigia del lavoro informale e non ha potuto per mille ragioni accedere alla misura. Anche lui ha il diritto a percepirlo in questa situazione. Questa misura inoltre completerebbe anche il “bonus” da 600 euro per le partite Iva. Con alcune differenze: se calcolato sul massimale attualmente di 780 euro, si potrebbe prevedere un’integrazione per la cifra rimanente. In più sarebbe concepita come una misura strutturale e duratura, oltre l’emergenza, e per tutti gli anni a venire quando dovremo affrontare le conseguenze devastanti di una recessione globale che può avere effetti sociali, e politici, ancora imprevedibili ma di sicuro impatto sulla vita di milioni di persone.
Il diritto all’esistenza
Nell’emergenza non siamo tutti uguali.E invece tutti hanno il diritto ad esistere, tutelati e protetti dalle malattie e dalla povertà. Non solo le imprese, considerate come l’alfa e l’omega della società. Non è così, sono gli individui in carne e ossa, che lavorino o meno, e in particolare coloro che sono più vulnerabili alla crisi, perché lo erano già prima. Domani lo saranno ancora di più e rischiano di pagare personalmente le conseguenze di misure non universalistiche, oltre che gli effetti dell’obbligo al lavoro per mantenere accesa la macchina durante la crisi. E’ una differenza sostanziale che permette di orientarsi politicamente nell’emergenza.
Questa è la proposta del Basic Income Network-Italia (Bin) che in una petizione al governo e al parlamento ha individuato pochi, e semplici, passaggi normativi per rendere immediatamente operativa la misura. Ad esempio elevare la soglia Isee da 9360 euro a 20 mila; riconoscere l’individualità della prestazione; semplificare le procedure ed i criteri di accesso e rendere l’erogazione immediata; utilizzare tutte le forme di finanziamento, anche dei fondi europei, destinate a sostenere la platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza; liberare la misura dai vincoli delle politiche attive, o altri obblighi, dispendiosi e ora quanto mai inefficaci (il Dl “Cura Italia” sospende gli obblighi dei beneficiari del “reddito” per due mesi, ma saranno molti di più); rendere strutturale questa trasformazione e non riservata solo al periodo di “quarantena” che potrebbe durare mesi in una forma a “yo yo”. In questa prospettiva si sono mossi il sindacato delle Camere del lavoro precario e autonomo (Clap) che parla di un superamento delle misure frammentarie del “Dl Cura Italia”; l’appello “La cultura non viene (mai) dopo” promosso da case editrici indipendenti e lavoratori dell’editoria, dello spettacolo e della cultura; il sindacato di base Adl Cobas e numerose realtà auto-organizzate di lavoratori dello spettacolo e dell’educazione nella campagna per un “reddito di quarantena”.
Tridico (Inps): “Una sorta di basic income”
Ci troviamo in una condizione di tale emergenza che l’idea dell’estensione del reddito di cittadinanza è stata proposta anche dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico, tra i principali ispiratori del cosiddetto “reddito” esistente: Il decreto Cura-Italia, ha sostenuto, è “un bazooka necessario. Ma, se posso aggiungere una riflessione da economista, avrei preferito un Reddito di cittadinanza allargato a tutti, senza le condizionalità di quello esistente. Una sorta di basic income, un reddito di base”. Questa operazione può essere fatta, da subito, con il prossimo maxi-decreto che arriverà ad aprile. In questa prospettiva non va trascurata l’ipotesi che il governo sarà costretto a farne di altrettanto pensati – a marzo sono stati stanziati, e impiegati subito, 25 miliardi di euro. Nella stessa prospettiva si sono espressi Cristiano Gori, docente di politica sociale all’Università di Trento e il Forum Disuguaglianze e Diversità. Lo stesso ha fatto la Rete dei Numeri Pari.
La campagna
Oggi partirà una fotopetizione nazionale con cartelli, striscioni, lenzuola da appendere alle finestre o ai balconi. La si può anche postare nell’evento Facebook, taggando la pagina “Reddito di quarantena”, hashtag #redditodiquarantena.
Tratto da Il Manifesto dell