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Reddito: una questione di dignità

di Nichi Vendola

Nichi Vendola, presidente della regione Puglia e candidato alle primarie del centrosinistra, ci invia un articolo che volentieri publichiamo, in occasione della “settimana per il reddito garantito” ed invita ad aderire e a firmare la proposta di legge sul reddito minimo garantito una delle prime misure che sosterrà per il prossimo governo di centrosinistra in caso di vittoria. Perché “il reddito può essere il perno di un nuovo modello di Stato sociale, basato su forti diritti di cittadinanza e su un rinnovato diritto al lavoro”.

È una settimana importante, questa. Associazioni, movimenti, comitati hanno lanciato la “settimana per il reddito minimo garantito”. Si raccoglieranno le firme per la proposta di legge che verrà presentata a dicembre alle Camere, si faranno iniziative nelle piazze d’Italia per promuovere uno strumento presente in tutta Europa tranne, guarda caso, in Italia e in Grecia.

Quando si evoca l’Europa si dimentica che c’è un voto del Parlamento europeo che chiede l’introduzione del reddito minimo che, oltre ad essere una misura minima di civiltà, è anche una misura anticiclica, uno strumento importante di lotta alla precarietà che aiuterebbe l’economia del continente ad ossigenarsi. Perché ridistribuisce ricchezze, ridando fiato e speranze a chi non ne ha più.
Ci rimproverano l’utopia, la mancanza di risorse. Balle. Bruciamo 60 miliardi di euro l’anno in corruzione e altri 300 in evasione fiscale, spendiamo in spese militari 30 miliardi di euro ma non si è avuto il coraggio di mettere una tassa sui grandi patrimoni, preferendo strangolare il ceto medio con la reintroduzione dell’Imu.  Il reddito minimo garantito costerebbe all’incirca 11 miliardi.
Quali sono le priorità di un paese in crisi in cui la povertà dilaga e 9 milioni di persone non hanno accesso alle cure minime? La lotta all’evasione fiscale e le giovani generazioni o prepararsi a guerre infinite? Perché le risorse possono essere spese in maniera diversa. Sono scelte politiche. Ed è ora che il centrosinistra trovi il coraggio di compierle.
Il reddito è un investimento sulle persone, non una misura assistenziale. Perché se le giovani generazioni non sono messe nelle condizioni di formarsi, se chi perde un lavoro non ha una rete di protezione sociale per avere il tempo di riallocare le proprie competenze, se un piccolo imprenditore è costretto a chiudere e non siamo in grado di tutelarlo, se il lavoro di cura, che non può essere una sorta di automatismo da relegare al genere femminile, non viene riconosciuto, questo Paese è destinato a ripiegarsi su se stesso. Il reddito può essere il perno di un nuovo modello di Stato sociale, basato su forti diritti di cittadinanza e su un rinnovato diritto al lavoro.
Il modello di welfare va rinnovato, ampliato, ridiscusso. Perché esclude il 50% delle lavoratrici e dei lavoratori italiani. Perché non contempla le partite iva e i precari, perché mette persino in discussione chi aveva acquisito diritti e ora se li vede negati.
Il problema principale delle giovani generazioni è la ricattabilità a cui sono continuamente esposti. Dalla criminalità organizzata, dal lavoro nero, da forme di lavoro che rasentano lo schiavismo e alle quali sono costretti a piegarsi in mancanza di opportunità e di uno Stato che non li tutela più da una compravendita al ribasso insopportabile. Il reddito minimo fissa una soglia di dignità, un principio di tutela e anche di legalità. Un principio per troppo tempo occultato dalla nostra classe dirigente.
Il reddito minimo garantito sarà una delle prime misure che metterò in pratica nel caso dovessi vincere le primarie, prima, e le elezioni poi. Perché la lotta alla precarietà non può essere una semplice declinazione elettorale: deve essere assunta come elemento centrale di un intero e nuovo progetto di società, deve essere la bandiera fondamentale di un nuovo ciclo della politica, soprattutto nel centrosinistra, e di una pagina inedita della storia italiana. E per farlo dobbiamo iniziare a parlare di riforma del welfare, di reddito minimo garantito, di contratti dignitosi, diritto all’abitare e housing sociale, di reddito di formazione. Cioè di riforme, che contemplino ma che non si esauriscano nella questione lavorativa. In poche parole, che guardino alla vita e che abbiano lo sguardo rivolto all’Europa e al futuro. Questo ci chiedono le giovani generazioni. E non solo.

Nichi Vendola

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