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Reddito, una maggioranza per il Paese

di Marco Furfaro

Oltre 50.000. Sono le firme consegnate alla Camera dal comitato promotore della proposta dilegge sul reddito minimo garantito. Una campagna nata mesi fa e sostenuta da oltre 170 associazioni (TILT e Bin in particolare), collettivi, movimenti, forze politiche (SEL, Prc, Pdci) o pezzi di partiti (Pd, M5S, IDV, Giovani Democratici).

Qualche giorno fa la delegazione dei promotori, annunciando la consegna delle firme, aveva chiesto a tutti i parlamentari di accogliere la proposta presentandosi “simbolicamente” a Piazza Montecitorio in modo da rendere esplicito un sostegno, un’apertura a un disegno di legge sostenuoto da migliaia di cittadini e di cittadine.

Ebbene, in un fase terribile per il Paese e soprattutto per la dialettica politica, dove si invoca “dialogo”, “costruzione”, ma al contrario si ottengono offese tra parti politiche anche all’interno dello stesso schieramento, si è verificato un fatto politico nuovo: parlamentari provenienti da Pd, SEL e M5S si sono detti disponibili a valutare la proposta e discuterne assieme, tra loro e con i promotori, al fine di valutarne l’esito in Parlamento.

La delegazione è stata poi ricevuta dalla Presidente della Camera, Laura Boldrini, la quale con grande sensibilità ha rinnovato l’impegno verso una misura necessaria che, guarda caso, rispetto ai paesi di tutta Europa è assente solo in Italia e Grecia.

Così, mentre un pezzo di classe dirigente non riesce a rispondere alle esigenze di un Paese che crepa per mancanza di futuro, alcuni deputati, anche del M5S, “rompono” i recinti e affrontano il dialogo sulle cose da fare: una boccata d’ossigeno rispetto al grigiore dei tatticismi visti fino ad ora.

La povertà, la precarietà, la disoccupazione non sono semplicemente notizie per il telegiornale della sera o generiche evocazioni da campagna elettorale. Sono la realtà di un Paese che ha bisogno di risposte, di segnali, di concretezza. Un paese in frustrante attesa di segnali sulla propria quotidianità. Per questo, la fotografia scattata in piazza Montecitorio, con i parlamentari di Pd, M5S e SEL con le scatole contenenti le firme è una bella notizia. Una foto che parla più di mille dichiarazioni.

Il reddito minimo non è uno spot elettorale. L’utilizzo, anche nominalistico, fatto in queste settimane da politici e giornalisti (che utilizzano reddito e salario, reddito minimo e di cittadinanza per indicare la stessa cosa senza evidentemente conoscere le distinzioni) è spesso frutto di considerazioni errate o di luoghi comuni totalmente inesatti e fuorvianti, figli di una visione novecentesca del welfare e del mercato del lavoro.

Il reddito è una grande opportunità per l’Italia: è lo strumento per innovare il welfare e rispondere alle esigenze di un Paese in difficoltà, dei suoi giovani precari così come di chi perde il lavoro e giovane non è più. È un dispositivo necessario di fronte alla dilagante povertà e crisi che pervade il paese, ma non è “semplicemente” uno strumento assistenziale. Il reddito può e deve essere il perno per la costruzione di un nuovo modello di welfare universale, che prenda spunto dalle migliori esperienze europee e che guardi ai mutamenti del mondo del lavoro. Non per sacrificare persone e diritti in nome di una competitività che porta solo licenziamenti e fallimenti delle imprese. Ma semmai per dare loro la possibilità di non cadere nella povertà o di prendere scelte non vincolate dalla condizione economica della famiglia di provenienza.

Un modello di welfare in cui si dia la possibilità alle persone di avere continuità di reddito tra un lavoro e l’altro, di liberarsi dalla ricattabilità nella quale sono imprigionate e che spesso porta loro a rimpinguare le fila di criminalità organizzata e lavoro nero: gli unici “centri per l’impiego” che sembrano non conoscere crisi. Il reddito è una forma, si diceva una volta, di autodeterminazione delle persone. Certo, servono politiche attive per il lavoro, politiche di conciliazione, una riforma della fiscalità generale e tanto altro. Ma sono tutte cose di cui il paese ha terribilmente bisogno.

Deputati del Pd, di SEL e del M5S si sono resi disponibili a farsi carico della legge. Adesso si chiede loro di lavorare da subito congiuntamente, di indicare al più presto una commissione di lavoro ad hoc che studi e approvi la proposta.

La buona politica si misura da qui: dalla capacità di rompere gli steccati e i tatticismi che nessuno capisce più. Sulle cose da fare, innovative, moderne e di cui il paese ha bisogno si può trovare una maggioranza. Una maggioranza per il Paese.

Articolo pubblicato su MicroMega il 15 aprile 2013 a firma di Marco Furfaro

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