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Che fine ha fatto il reddito minimo garantito?

di Luca Santini

Passano gli anni, le legislature, le stagioni politiche ma il dibattito italiano su lavoro e tutele sociali sembra inchiodato a termini e condizioni inamovibili. Proviamo a leggere i giornali in questi giorni, con la loro girandola di articoli diciotto, ammortizzatori sociali e reintegri, apponendo degli omissis sui nomi dei vari protagonisti: non sapremmo a chi attribuire le dichiarazioni e le prese di posizione, se a Fornero, a Monti, a Renzi a Sacconi o se a Cofferati, Bertinotti, Landini e non sapremmo dire in quale anno di preciso ci troviamo di questo disgraziato passaggio di millennio.

Dopo i polveroni e le polemiche una sintesi sembra delinearsi all’orizzonte e consiste nel superamento del diritto al reintegro in caso di licenziamento ingiustificato, da bilanciare con l’introduzione, così recita il documento adottato ieri l’altro dalla direzione del PD,  di una “rete più estesa di ammortizzatori sociali rivolta in particolare ai lavoratori precari, con una garanzia del reddito per i disoccupati proporzionale alla loro anzianità contributiva e con chiare regole di condizionalità attraverso un conferimento di risorse aggiuntive a partire dal 2015”. Nulla di così nuovo, dunque: garanzie dei lavoratori indebolite in cambio in una possibile blanda estensione dell’Aspi.

Sembra insomma ancora una volta perduta l’occasione di intrecciare in modo innovativo tutele contrattuali nel rapporto lavorativo e garanzie sociali nelle fasi di transizione da un impiego all’altro. La macchina delle riforme gira a vuoto, il tormentone del cambiamento non produce rotture effettive. Sarà perché la politica nostrana si ostina e non voler vedere l’unica vera riforma tangibile, quella del reddito minimo garantito, l’unica misura che potrebbe davvero incidere nella quotidianità delle persone, e al contempo mettere un freno alla spirale discendente dei salari e delle condizioni del lavoro?

Va denunciata con preoccupazione e sconcerto la scomparsa dall’agenda politica del tema, quasi egemone nel corso della campagna elettorale, del reddito minimo garantito. Eppure la cruda realtà delle statistiche parla chiaro: un quarto della popolazione resta sul crinale dell’esclusione, il tasso di disoccupazione giovanile è ormai al 40%, i disoccupati sono circa tre milioni, senza considerare i milioni di “scoraggiati” che neanche si affacciano più al mercato del lavoro, tutte e tutti senza alcuno strumento di sostegno del reddito. Come si pensa di realizzare un vero processo di rinnovamento del mercato dal lavoro e del Paese senza dare risposte concrete a questa massa di soggetti a rischio di marginalizzazione sociale?

Possibile che non si veda da parte dei decisori pubblici la necessità di inquadrare le politiche sociali e del lavoro in una prospettiva finalmente universalistica e sottratta a logiche corporative e settoriali? L’istituzione di una garanzia intangibile e sicura di un reddito a chiunque ne sia privo, sarebbe una misura capace di innescare dinamiche innovative nella società e nel mercato del lavoro, oltre che di scolpire in una dimensione nuova la dignità delle persone. Con un sostegno del  genere un giovane privo di lavoro smetterebbe di gravare sulla famiglia di origine e potrebbe avviarsi sul suo proprio percorso esistenziale, un lavoratore precario potrebbe guardare con maggiore fiducia e serenità al proprio futuro, un occupato scontento della propria collocazione potrebbe spiccare il volo verso percorsi di riqualificazione, una famiglia in condizioni di povertà uscirebbe dalla deprivazione. Insomma, un nuovo vocabolario della dignità, della libertà e dei diritti farebbe finalmente ingresso nella vita politica e sociale di questo Paese.

In Parlamento giacciono tre proposte di legge per l’introduzione di una qualche forma di reddito garantito, depositate da tre diverse forze politiche (SEL, PD e M5S). Un campagna di raccolte firme, sostenuta da circa 170 associazioni, ha dato vita nei mesi scorsi a un’ulteriore proposta di iniziativa popolare. Sono tutti segnali, questi, che stanno a dimostrare la maturità della questione e l’assoluta necessità di un intervento sollecito sul tema.

Luca Santini – Presidente del Basic Income  Network – Italia (http://www.bin-italia.org/)
Articolo a firma di Luca Santini Presidente del BIN Italia pubblicato da Il Garantista il 1 ottobre 2014.

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