Decreto rilancio. La campagna “Non c’è più tempo”: estendere il “reddito di cittadinanza” senza vincoli e condizionalità e istituire una misura sociale strutturale, non categoriale, per precari, intermittenti, partite Iva e poveri insieme a un ammortizzatore sociale unico. “Un errore di politica economica e un’ingiustizia sociale tagliare l’Irap a tutte le imprese senza considerare il crollo del fatturato e il prestito di sei miliardi a Fca: a precari e poveri solo le briciole o sussidi occasionali e a tempo”
Reddito incondizionato alle imprese con l’abolizione del saldo 2019 e del primo acconto 2020 dell’Irap fino a 250 milioni di euro di fatturato. Secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio solo il 20% delle imprese colpite della crisi beneficeranno dello sconto da 4 miliardi fatto dal governo. Il resto andrà alle imprese che hanno continuato a produrre e guadagnare nei mesi di «lockdown».
Saranno invece molto condizionati i bonus e i sussidi occasionali, temporanei e condizionati da escludere molti, mentre tutte le partite Iva e i percettori del «reddito di emergenza» (Rem) istituito nel «Decreto rilancio» perderanno i sussidi a breve. Questa ingiustizia è stata denunciata ieri sotto la pioggia davanti al ministero dell’Economia a Roma e a davanti alla regione Marche ad Ancona dalla campagna «Non c’è più tempo», e da quella per il “reddito di quarantena Marche”, lanciate da decine di associazioni e sindacati di base che chiedono l’estensione senza vincoli e condizionalità del «reddito di cittadinanza», una misura strutturale per la riforma universale del Welfare.
«La sproporzione degli interventi è un errore enorme di politica economica e di giustizia sociale. Per una misura tampone come il “reddito di emergenza” hanno stanziato 900 milioni, a Fca hanno dato un prestito da sei miliardi – afferma Tiziano Trobia, coordinatore delle Camere del lavoro precario e autonomo (Clap) dal sit-in romano «Dovete darci il denaro» – Il 20% dei più poveri sarà colpito il doppio delle famiglie più benestanti ha detto ieri il governatore della Banca d’Italia Visco. Stanno affrontando questa tragedia immane finanziando le imprese e lasciando le briciole ai lavoratori e ai poveri, senza porsi il problema del domani. L’estensione del reddito di cittadinanza verso un reddito di base incondizionato è uno strumento di redistribuzione della ricchezza. Insieme a un imponente intervento sui salari e sulle tutele, può essere un modo per evitare il rischio di una nuova recessione sociale dopo quella devastante della prima crisi nel 2008».
Ma perché, chiediamo, il governo non ha voluto estendere il «reddito di cittadinanza» che già esiste e ha creato sussidi ad hoc? «Lo hanno detto esponenti della maggioranza: vogliono evitare che diventi una misura strutturale e universale» risponde Trobia – Per l’Inps le domande per il “Rem” sono state 100 mila fino ad oggi. Questo significa che la crisi è molto più profonda di quanto è stato raccontato. I decreti hanno lasciato buchi enormi. Il “Rem” non basterà, farà molti esclusi. Le misure categoriali per precari, intermittenti e inoccupati sono del tutto insufficienti oggi».
«Anche la Commissione Ue ha detto al governo di estendere il reddito di cittadinanza, ma non lo hanno fatto – ha detto Mattia Tombolini, direttore editoriale della casa editrice romana Momo nel corso del sit-in – Questa non è una questione di sostenibilità economica, è una scelta politica. Riconoscere il diritto di esistenza oltre la povertà farebbe perdere forza al ricatto a cui sono soggette milioni di persone. Mi auguro che le partite Iva e i piccoli imprenditori, gli sportivi, le realtà culturali, i precari facciano confluire le rivendicazioni categoriali in un’unica battaglia per il reddito e per la riforma del welfare».
Tratto da il Manifesto edizione del