Riceviamo e pubblichiamo una interessantissima tesi universitaria dal titolo “Superare gli schemi di reddito minimo: la proposta radicale di un reddito universale di base” per l’Anno Accademico 2019/2020 presentata presso ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA’ DI BOLOGNA, Corso di laurea in Cooperazione e Sviluppo Internazionale, Tesi di Laurea in Politica economica. Di seguito l’introduzione ed a seguire il link per leggere tutta la tesi. Ringraziamo l’autrice per aver condiviso questo interessante punto di osservazione, così da contribuire al dibattito sul reddito di base nel nostro Paese.
“Tale lavoro mira ad esaminare le robuste limitazioni presenti negli attuali schemi di reddito minimo vigenti nell’Unione Europea, opponendo alle loro acutissime fragilità la proposta riformatrice sfociante in un reddito di base universale incondizionato. Disegnati come strumento di sostegno per i cittadini più indigenti, costituendo una rete di salvataggio di ultima istanza, tali schemi di reddito minimo, ostentati come il trionfo di quell’Europa paladina dei diritti sociali, volenterosa di aiutare i suoi cittadini più bisognosi attraverso politiche di welfare, sono stati invece drammaticamente snaturati, sotto l’imperante leadership dell’austerity post crisi del 2008, in modelli di workfare, obbliganti i beneficiari all’attivazione lavorativa e alla soddisfazione di una lunga e rigida lista di condizioni e impegni, pena la sospensione del benefit. L’inadeguatezza e l’insufficienza di tali sostegni nel far fronte alla congerie intricata che caratterizza lo scenario attuale mondiale, nonché la possibile implosione stessa di un sistema in cui la retorica ossessiva della crescita economica è stata portata oltre i limiti ambientalmente e umanamente sostenibili dell’estremo, ha portato molti a ricentralizzare il dibattito internazionale sull’urgenza attuativa di un reddito di base universale; una misura in grado, non solo di tamponare momentaneamente le fratture e le contraddizioni multidimensionali che oggi insorgono in maniera sempre più veemente in ogni spazio del globo, ma anche capace di rovesciare drasticamente quei capisaldi corrotti e corruttivi dell’ideologia neoliberista oggi imperante, aprendo lo spazio ad un nuovo modello di vita e di sviluppo.
Nel primo capitolo vengono dunque indagate le fondamenta ideologiche della misura, il suo excursus storico, ma soprattutto vengono affrontate le questioni più spinose che fanno dubitare i più sulla sua effettiva realizzazione, ovvero la sua legittimità etica e la sua sostenibilità economica, dimostrando che un reddito universale di base non sia solo altamente desiderabile ma soprattutto realizzabile.
Nel secondo capitolo, invece, vengono sciolti i dubbi terminologici e concettuali che spesso avvolgono l’opinione pubblica, ma anche l’élite politica, come nell’esplicito equivoco linguistico determinatosi in Italia, circa la differenziazione formale e sostanziale tra i programmi di reddito minimo adottati nella maggioranza delle politiche di sicurezza sociale nazionali e il reddito di base universale; se quest’ultimo può, infatti, definirsi come la formula più universalistica di un welfare state che si propone di garantire a tutti un reddito incondizionato, l’altro rappresenta, invece, una misura di carattere selettivo subordinata alla cosiddetta “prova dei mezzi” (means-testing).
Si procede poi con il fornire la cornice storico-politica all’interno della quale gli istituti di reddito minimo europei si sono sviluppati, esaminando successivamente i tratti principali che ha assunto tale misura negli stati membri, nonché le numerose criticità vigenti che ne minano la loro effettiva funzionalità e pertinenza, illustrando infine come quest’ultime potrebbero essere definitivamente superate con l’adozione di un reddito universale. Il terzo ed ultimo capitolo si concentra invece sul particolaristico caso del “reddito di cittadinanza” realizzatosi in Italia, contestualizzandolo nel più ampio scenario del welfare nazionale e contrapponendolo, in seguito, all’esperimento finlandese di reddito di base.
Partendo da un’ analisi delle politiche assistenzialistiche intraprese dai vari governi, si mette in luce tutta la frammentarietà e la lacunosità che hanno caratterizzato e che tuttora caratterizzano lo scadente e rudimentale stato sociale italiano il quale, scontando un ritardo di circa venticinque anni dai primi appelli europei riguardo la necessaria attuazione di un provvedimento di sostegno ai redditi, si è dotato di uno schema di reddito minimo solamente nel 2017, con l’introduzione del Reddito di Inclusione (REI).
Si indaga, quindi, la misura osannata dal Movimento 5 stelle entrata a sostituzione di quest’ultimo, comprovandone dapprima il suo errore linguistico e stilandone, in un secondo momento, le forti problematicità riscontrabili sia a livello della sua architettura teorico-ideologica sia nella sua effettività pratica. A chiusura del capitolo vi è invece una disamina dell’esperimento di reddito di base realizzatosi tra gennaio 2017 e dicembre 2018 in Finlandia che, pur presentando evidenti limiti di durata ed estensione, ha comunque offerto una conferma dei numerosi risvolti positivi che apporterebbe un reddito di base nelle nostre vite, alimentando un clima di fiducia per possibili nuove sperimentazioni.”
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