Euractiv.it inizia un viaggio nella società civile per discutere dell’Unione Europea, delle sue contraddizioni, problematiche e possibili trasformazioni. Il percorso procederà tramite una serie di interviste ad attivisti, militanti, opinionisti e intellettuali. A ogni intervistato, in particolare, verrà richiesta un’opinione sulla “Conferenza sul Futuro dell’Europa” attualmente in corso. In questa tappa Tommaso Visone ha posto delle domande a Giuseppe Allegri come esponente e fondatore del Basic Income Network (BIN-Italia).
Giuseppe Allegri è socio fondatore del Basic Income Network – Italia e attualmente insegna a contratto Diritto pubblico, dell’informazione e della Comunicazione presso il Dipartimento CoRiS di Sapienza, Università di Roma. Collabora con centri di ricerca, università, riviste e periodici. È redattore di OperaViva Magazine, autore di studi e volumi, a partire da Il reddito di base nell’era digitale (2018).
Ci può spiegare cosa è il Basic Income Network – Italia (BIN Italia)? E quali sono le sue battaglie?
Il Basic Income Network – Italia (BIN Italia) è un’associazione nata oramai oltre un decennio fa per promuovere studi, ricerche, analisi e campagne in favore dell’introduzione di un reddito di base inteso come reddito di esistenza, nel quadro di politiche pubbliche che possono passare dall’introduzione di un reale reddito minimo garantito allo studio e alla previsione di un reddito di base, universale e incondizionato. Il BIN Italia è il nodo italiano della rete mondiale per il reddito di base, il Basic Income Earth Network , e coinvolge studiosi, ricercatrici, docenti, attivisti che si mobilitano quindi per l’introduzione di una misura universalistica di tutela di una vita degna come il reddito di base (basic income, allocation universelle/revenu de base) e pubblica periodicamente anche i Quaderni per il Reddito, liberamente scaricabili qui. Dall’introduzione del Reddito di cittadinanza in Italia (marzo 2019), il BIN Italia si è attivato per migliorare le previsioni in senso più inclusivo ed universalistico, con seminari, incontri, pubblicazioni, dibattiti, proposte.
Ci può dire più nel dettaglio in cosa consiste la European Citizens Initiative sull’Unconditional Basic Income promossa dalle reti europee per il reddito di base e sostenuta anche dal BIN Italia?
Fino a giugno 2022 è possibile sottoscrivere direttamente online (con il numero di documento di identità e il proprio nome e cognome) la Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) per introdurre redditi di base incondizionati nei 27 Stati dell’UE. L’ICE è uno strumento di partecipazione democratica introdotto nell’UE dal Trattato di Lisbona, con il quale si riconosce all’opinione pubblica europea la possibilità di raccogliere un milione di firme, con una soglia minima da raggiungere in 7 Paesi, su una proposta da presentare alle istituzioni euro-unitarie, a partire dalla Commissione UE, per proporre nuovi atti normativi in merito. Per ora siamo di poco sopra i 160mila sostenitori, ma la campagna comunicativa e informativa è ancora molto in sordina.
Negli ultimi anni, a seguito del lancio dell’European Pillar of Social Rights (2017) e dell’impatto della crisi del Covid 19 sul tessuto sociale dell’Unione, si è parlato sempre più di una riforma e di un approfondimento della cosiddetta “Europa sociale”, ovvero della dimensione sociale propria all’Ue. Quali sono le sue posizioni a riguardo?
Si può dire che, come opinione pubblica attiva nel vecchio Continente, si è in cerca di un’Europa sociale, oltre quella economica e successivamente monetaria, da oramai oltre un trentennio, qualora si volesse rileggere la storia del processo di integrazione continentale mettendo il 1989 come data spartiacque. Un ulteriore passaggio di possibile valorizzazione, aggiornamento e rilancio al livello sovranazionale del modello sociale europeo fu forse l’adozione della Carta dei diritti fondamentali, avvenuta oltre vent’anni fa a Nizza, ma anche quella è stata un’occasione in parte mancata (come ho recentemente provato a sostenere in questo testo).
C’è anche da dire che le gelosie nazionaliste del circuito intergovernativo hanno sempre favorito la conservazione dei sistemi di Welfare in mano agli Stati, come strumenti di legittimazione politica basata sulla fedeltà nazionalistica dei propri sudditi. Mentre i movimenti sociali di precari-e e intermittenti degli anni ’90 e Zero presero sul serio la dimensione politica continentale come spazio di conflitto multilivello, dagli enti locali, allo Stato nazionale, alle istituzioni euro-unitarie (cfr. questo libro collettivo Europa 2.0, del 2010), in cui la questione sociale è sempre stata presente, come del resto oggi nei movimenti ambientalisti ed ecologisti delle giovanissime generazioni. C’è una odiosa mentalità nazionalistica che alligna ancora nelle classi dirigenti della gran parte dei Paesi UE.
Riguardo al dibattito sulla trasformazione dell’UE è oggi in corso la Conferenza sul Futuro dell’Europa. Quali sono le vostre posizioni a riguardo? Crede che produrrà degli esiti o che si tradurrà in un nulla di fatto?
La Conferenza sul futuro dell’Europa appare ancora ingessata in un piccolo circuito di partecipazione circoscritta a una ristretta porzione della società civile europea, nonostante la presenza di una piattaforma digitale multilingue che dovrebbe favorire il dialogo e il confronto. Mi pare al momento si siano iscritti circa 35mila partecipanti a quella piattaforma che dovrebbe coinvolgere le opinioni pubbliche dei 27 Stati membri. Vista la condizione continentale e globale nella quale ci troviamo da un paio di anni – con i faticosi effetti sanitari, sociali, economici, relazionali della pandemia – e dinanzi alle cosiddette transizioni digitali ed ecologiche, cui si aggiunge appunto quella della dimensione sociale che richiede nuove tutele contro vecchie e nuove diseguaglianze, sarebbe fondamentale aprire una sorta di sfida costituente per trasformare le istituzioni euro-unitarie, restituendo fiducia, solidarietà, diritti, garanzie in favore di cittadinanze sempre più impaurite, isolate, insicure. Insomma, NextGen EU e la Conferenza sul futuro dell’Europa dovrebbero essere l’occasione per fare il salto decisivo in favore di quell’Europa sociale latitante da troppi decenni. Con la consapevolezza che rimane di attualità il dibattito sulla previsione di un reddito di base, europeo e multilivello, reputato necessario da parte del celebre studioso Philippe Van Parijs già dentro la grande crisi economico-finanziaria dello scorso decennio (An unconditional basic income in Europe will help end the crisis), mentre l’attuale condizione pandemica ci obbliga a pensare lo Universal Basic Income come uno strumento sempre più necessario (Why has the COVID-19 pandemic increased support for Universal Basic Income?).