Il documento redatto dall’assemblea dei lavoratori della conoscenza riunitisi al Teatro Valle occupato a Roma venerdi 8 luglio 2011.
Siamo attori e scrittrici, cineasti, registe e giornalisti, ma anche formatori, ricercatrici e traduttori, grafici e consulenti, produttori di teatro e cinema, tecnici e danzatrici. Tra di noi ci sono anche
molti studenti, stagisti, collaboratori, come anche partite iva, contrattisti di ogni tipo. Molte/i di noi lavorano in maniera intermittente – altri stabilmente – nella cultura, come nella formazione, nei teatri, nell’informazione, nell’università, nell’industria del cinema e in quella dell’editoria.
Siamo lavoratori della conoscenza, produciamo cioè contenuti, storie e informazioni, pratichiamo un’arte, ci dedichiamo all’espressione, eroghiamo servizi, (auto-)organizziamo produzioni. Nell’occupazione del teatro Valle riconosciamo un modello di nuova cittadinanza attiva, e un’esperienza politica di contaminazione tra identità, passioni e professioni, come poche se ne sono viste nel nostro Paese.
Viviamo e sentiamo l’occupazione del Teatro Valle come la reale creazione di uno spazio pubblico non statale: l’invenzione di una nuova istituzione del lavoro della conoscenza che si auto-organizza; che sperimenta autonomia, indipendenza, riconoscimento, aprendo un teatro storico come il Valle alla società in movimento; restituendolo alla città e sottraendolo alla miopia delle nostre classi dirigenti politiche e culturali.
In questo terza assemblea al Valle vogliamo continuare a discutere di istruzione pubblica e lavoro culturale, di nuove modalità di accesso alle nostre professioni e della loro e nostra indipendenza,
denunciando i tagli alla cultura e alla formazione imposti dal governo Berlusconi, che intende liquidarle entrambi, neutralizzando la possibilità stessa di immaginare, raccontare un altro presente e un altro futuro.
Ma non chiediamo elemosina di Stato, piuttosto vogliamo affrontare il problema di una riforma complessiva del Welfare, che renda possibile istituire le tutele essenziali – a partire dal reddito di base – come accesso a una piena cittadinanza sociale, garantendo la libertà di espressione per chi fa i nostri lavori e la possibilità di condurre una vita degna, nell’autodeterminazione delle proprie scelte e nella realizzazione della propria vocazione, per ciascuna persona, contro la miseria del ricatto permanente.
Per farlo vogliamo infine mettere a fuoco le modalità, le proposte e le pratiche che ci vedano uniti, a partire dal prossimo autunno, per immaginare, strappare e realizzare insieme una nuova idea di società e cittadinanza per tutti.