Presentiamo un intervento di Roberta Salardi nel quale si osserva come lo strumento del reddito universale possa diventare mezzo di trasformazione esistenziale delle nostre vite, per la valorizzazione del tempo libero, a partire dalla possibilità di accedere al mondo della cultura, dell’arte e della conoscenza per tutte quelle persone che normalmente non sono messe nelle condizioni di poterlo fare, perché schiacciate dai tempi della vita messa al lavoro, o dalla paura di rimanere nel vuoto esistenziale, nel caso di perdita del lavoro.
A proposito del dibattito emerso intorno al 1° maggio su reddito di cittadinanza vs difesa del posto di lavoro in settori di produzione in declino, ecco che si potrebbe aprire un campo vastissimo di azione per molti operatori della conoscenza, tutto un lavoro educativo ad ampio spettro tale da convertire un’istruzione in larga misura finalizzata strettamente al lavoro per la maggioranza della popolazione, fino a poco tempo fa destinata a vite di lavoro in fabbrica o negli uffici con giornate intere prive di tempo libero, a un’educazione a lavorare sul proprio tempo, cioè a trasformare l’ozio in creatività.
Ciò che spaventa molte persone, oltre ai problemi concreti di sopravvivenza legati al baratro che si apre attualmente per i senza-lavoro in una società abituata a fare dei disoccupati solamente un esercito di riserva per tenere bassi i costi del lavoro o da utilizzare nel lavoro sommerso o nel largo giro degli affari illeciti, è anche il vuoto del tempo libero, l’angoscia che può sommergere chi si trovi improvvisamente di fronte a cambiamenti radicali di vita e di abitudini con molte ore prive di occupazione.
Invece di un’educazione finalizzata al lavoro, un’educazione in sostanza a stare rinchiusi lunghe ore in luoghi coercizionari, a stare al proprio posto, a ripetere a memoria le lezioni, a recepire passivamente le nozioni, a vivere con le orecchie tappate, con una sensibilità ridotta e quindi più adatta allo sfruttamento, come direbbe Adorno nella Dialettica dell’illuminismo (ai lavoratori-rematori compagni di Ulisse sono state tappate le orecchie affinché non odano il canto delle sirene; cfr anche mio post su questo sito http://voltandopagine.blogspot.it/2013/10/il-canto-delle-sirene.html) ci sarebbe tutta un’altra prospettiva da mostrare: il vasto mondo dell’arte e della cultura, finora rimasto in larga misura inaccessibile a chi non poteva permettersi di non lavorare. C’è tutta una mentalità da cambiare, tutta un’educazione da rifare; discorso che vale a cominciare da noi stessi.
Tratto da Voltandopagine 8 maggio 2014