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Documento finale del meeting di Roma del 9 e 10 giugno 2011
Bella, disarmante e semplice:
l’utopia concreta del reddito garantito
A cura del Consiglio direttivo del Bin Italia
Il 9 e 10 giugno si è tenuto a Roma un meeting organizzato dal Basic Income Network – Italia dal titolo: “Bella, disarmante e semplice: l’utopia concreta del reddito garantito”. L’evento, patrocinato dall’Assessorato al lavoro della Provincia di Roma e dal XI Municipio, ha consentito di intrecciare in due giorni di intenso lavoro le esperienze e i ragionamenti di molte realtà organizzate e di singole personalità, che si sono distinte negli ultimi anni per aver prodotto iniziativa e riflessione sul tema del reddito garantito. Questo è il documento finale realizzato il 10 luglio 2011.
Una riflessione a voce alta prima del documento
Questo documento esce nel momento in cui il nuovo rapporto Istat sulla povertà in Italia 2010 (pubblicato a luglio 2011) mette nero su bianco dei dati non più allarmanti, ma tragici. In Italia 1 famiglia su 5 è povera, il 18,6% dei nuclei familiari rientrano nell’orbita della povertà (11% poveri, 7,6% quasi poveri). Un milione e 156 mila famiglie si trovano in condizioni di povertà assoluta, ovvero 3 milioni e 129 mila persone che hanno appena i soldi per sopravvivere e pagare l’indispensabile. 8 milioni 272 mila sono invece gli italiani in povertà relativa, il 13.8% della popolazione. Il limite che delinea la povertà relativa è 992, 46 euro per un nucleo famigliare di due persone. Particolarmente in difficoltà gli italiani al Sud e le famiglie con più figli minori. Aumentano i working poor, cioè coloro che pur lavorando vivono in povertà, soprattutto tra i giovani che subiscono la condizione di precarietà anche sotto il punto di vista del reddito. Insomma, senza allungarci troppo su questi dati, non possiamo che denunciare di nuovo i ritardi italiani rispetto alle forme di reddito minimo garantito che non fanno altro che aumentare il disagio sociale ed economico. Riprendendo le previsioni e le indicazioni Eurostat del 2005 “il 42% della popolazione rischia una condizione di povertà nel giro di alcuni anni ed è necessaria una dose massiccia di interventi di sostegno al reddito”. Per questo crediamo che questo documento, il meeting che lo ha prodotto, ma ancora di più la proposta di un reddito garantito sono di estrema attualità e per questo riteniamo e chiediamo a tutti coloro che sono o possono essere coinvolti, nelle responsabilità istituzionali, politiche, sindacali e sociali di affrontare il tema del reddito garantito con la necessaria urgenza.
Il percorso “Verso il meeting”
Il meeting del 9 e 10 giugno 2011 è stato preceduto da tre approfondimenti svoltisi i mesi precedenti. Il primo svoltosi il 24 marzo ha avuto come tema “il reddito come diritto sociale fondamentale” con uno sguardo rivolto verso lo scenario continentale europeo e al quale hanno partecipato giuristi e rappresentanti della politica italiana e durante il quale è stato presentato il numero dedicato al tema del reddito della rivista “Questione Giustizia”. Il secondo appuntamento, tenutosi il 15 aprile sul tema: “Precarietà e reddito garantito: c’è bisogno di nuovi diritti” che ha visto legare i tema della precarietà e del reddito garantito indagato anche dentro quelle trasformazioni del lavoro che hanno prodotto scenari nuovi intorno al tema di un nuovo welfare. L’ultimo appuntamento prima del meeting di giugno è stato realizzato il 12 maggio ed ha visto un approfondimento intorno al tema scottante della condizione di crisi attuale. L’iniziativa dal titolo “Tempi di crisi il reddito garantito come opportunità ed alternativa” ha voluto porre la questione del reddito come una delle centralità per affrontare la crisi e per essere una delle parole chiave del dopo crisi dentro una idea di mondo nuova. Durante l’iniziativa è stato presentato anche il secondo numero della pubblicazione “QR Quaderni per il Reddito” prodotto dal Bin Italia che aveva come titolo proprio la questione della crisi e del reddito garantito e al quale hanno partecipato autori di carattere nazionale ed internazionale.
Il Meeting del 9 e 10 giugno considerazioni finali e proposte
Come prima riflessione va detto che il meeting finale del 9 e 10 giugno ha avuto il suo riscontro proprio a partire dalla partecipazione dei convenuti dando cosi senso pieno a quello che per i promotori era una finalità cioè la costruzione di uno spazio che fosse innanzitutto una possibilità di far incontrare tra loro, come si vedrà anche nei ringraziamenti finali a questo documento, sul tema specifico del reddito garantito, organizzazioni di base dei lavoratori precari o dei movimenti sociali, del sindacalismo e dell’associazionismo, responsabili di partiti politici e rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali, esponenti della società civile impegnati su vari fronti come la lotta alla povertà, il contrasto alle mafie, la valorizzazione dell’università e dei saperi, la lotta per la casa, i diritti dei migranti, esperti, studiosi e ricercatori del reddito garantito, avvocati del lavoro, magistrati e associazioni del diritto, promotori di campagne europee, studenti e intellettuali di livello nazionale ed internazionale.
Questa significativa ed eterogenea “coalizione sociale” ha trovato proprio sul tema del reddito garantito un terreno di riflessione comune e di ricomposizione, una forma pragmatica di consenso e di possibile iniziativa futura, che fa di questo tema uno dei punti centrali del dibattito culturale e politico presente e a venire.
Oltre alla tavola rotonda della mattina, in cui il tema del reddito garantito è stato affrontato da intellettuali di carattere internazionale come Claus Offe, Guy Standing o Luigi Ferrajoli dando al dibattito quel respiro necessario di prospettiva proprio come indicato già dal titolo del meeting, cioè l’ossimoro dell’utopia concreta del reddito garantito. La questione del reddito dunque è uscito da quello spazio dell’emergenzialità tipica di un paese come il nostro che non conosce misure di questo tipo, entrando invece dentro una discussione fatta anche di immaginari, di parole costituenti, con un approccio destinato più a definire le basi sulle quali far camminare il reddito garantito dentro la sua più alta aspirazione di diritto umano, di dignità della persona, di critica ai rapporti sociali e di produzione e consumo esistenti, di opportunità di realizzazione delle persone, di libertà. In questo senso il contributo dei relatori ha spaziato tra lavoro e non lavoro, tra critica all’esistente e indicazione di percorsi possibili, di individuazione del reddito garantito come strumento di libertà e non come misura di ultima istanza. Al dibattito mattutino, nel quale hanno relazionato anche Ailsa McKay, Ruben Lo Vuolo e Massimiliano Smeriglio, è seguito il lavoro dei tavoli tematici del pomeriggio del 9 giugno. Il primo focalizzato sulla crisi sociale che sta impoverendo e rendendo inquieto il mondo del lavoro e la società in genere, il secondo centrato sulla ricerca di ipotesi di finanziamento e sulla sostenibilità economica di una misura di garanzia del reddito, il terzo infine teso ad esplorare le potenzialità del reddito garantito nello spazio politico continentale europeo, rispetto al quale risalta sempre più l’inadeguatezza dell’Italia sul terreno delle tutele sociali. La scissione del dibattito in tre aspetti distinti non ha impedito naturalmente interferenze reciproche o parziali sovrapposizioni, e anzi l’obiettivo finale del meeting – realizzato nella sessione plenaria della mattina del 10 giugno – è stato proprio quello di dare vita a una serie di proposte, di “sentieri percorribili” da lanciare sulla sfera pubblica ed utili per la continuazione di un percorso aperto e percorribile.
Dal dibattito che durante il meeting si è prodotto emergono con forza due direttrici essenziali.
La prima è la grande potenzialità del reddito garantito come uno degli strumenti centrali per costruire una società fondata e ancor più definita sulla dignità della persona, su una nuova idea di autonomia individuale e di libertà di scelta, di una nuova idea di distribuzione delle ricchezze prodotte, di una nuova idea di diritto sociale fondata anche sul diritto economico, nella necessità di riconsiderare lo stesso concetto di lavoro e della sua ideologia, di critica al consumismo e all’idea di progresso sempre più evidentemente non ecologicamente sostenibile. Una direttrice dunque tutta tesa all’idea di reddito dentro un’idea di società, di trasformazione di essa con uno sguardo all’analisi di rapporti sociali nuovamente definiti.
La seconda direttrice riguarda invece più da vicino i ritardi italiani rispetto agli altri paesi europei, all’urgenza di individuare misure nuove di contrasto alla fortissima precarizzazione del lavoro e alla crisi economica e di individuare tanto sul piano locale e nazionale quanto sullo scenario continentale europeo proposte in grado di divenire da subito praticabili per fronteggiare il crescente disagio sociale di numerosi cittadini.
Alcuni punti e proposte:
1) Il meeting denuncia l’accantonamento da parte della Regione Lazio della sperimentazione della legge sul Reddito Minimo Garantito e chiede un ulteriore finanziamento visto anche il numero delle domande pervenute (130mila solo per il primo bando).
2) Dal meeting emerge con forza la necessità di continuare a sollecitare in particolare i governi regionali a predisporsi a sperimentazioni e a leggi dedicate sul reddito garantito sia esso di carattere diretto (monetario) che indiretto (beni e servizi) coinvolgendo, in particolare sull’indiretto anche comuni e province.
3) A tal proposito, sul ruolo degli enti locali e dei governi regionali, si individua la necessità di indicare una data in cui affrontare il tema del reddito garantito a partire proprio da un confronto con quelle istituzioni locali più sensibili al tema.
4) Il meeting individua in una grandissima occasione la possibilità di costruire una campagna europea attraverso una petizione popolare a partire dal 2012. In merito a questo sono state individuate alcune scadenze a partire da luglio 2011 nella direzione di costruire un comitato transnazionale di almeno 7 paesi membri EU. Su questo sono già al lavoro alcuni esperti d diritto comunitario che studieranno la reale possibilità di avviare questa campagna e una volta individuate le modalità ed i tempi tecnici chiederemo la disponibilità a partecipare alla costruzione della campagna europea per il reddito garantito.
5) Il meeting che ha prodotto una serie di prese di posizione, di riflessioni, di approcci, indicando sentieri possibili, porterà all’attenzione dell’opinione pubblica il ricco dibattito sul reddito garantito emerso durante il meeting già dall’autunno 2011 costruendo ulteriori momenti di confronto con i rappresentanti della politica istituzionale locale, nazionale ed europea.
Ed inoltre:
6) A partire dal dibattito prodotto durante il meeting si individueranno le basi per il contributo italiano al dibattito del XIV congresso mondiale del BIEN che si terrà a Monaco di Baviera nel luglio 2012.
7) Il Bin Italia continuerà la promozione di iniziative locali e nazionali, parteciperà laddove richiesto alla realizzazione di ulteriori momenti di dibattito, coinvolgerà i soci membri ed i sostenitori affinché aumenti il livello di partecipazione e di competenze utili anche a sostenere coloro che intendono dare vita a sperimentazioni locali, studi di fattibilità o ricerca intorno al tema del reddito garantito.
Le relazioni di sintesi dei tavoli di lavoro del 9 giugno 2011
1. Dal lavoro per tutti al reddito garantito: una nuova stagione per i diritti sociali
Se la seconda metà del Novecento è stata l’epoca del riconoscimento dei diritti sociali e della centralità del lavoro quale criterio di accesso ai benefici del welfare, i tempi di crisi che stiamo attraversando in questo scorcio di nuovo millennio ci narrano di una riscrittura in profondità degli equilibri sociali ed economici precedenti.
La crisi finanziaria dell’estate 2008, ben presto evoluta in una vera e propria crisi economica e produttiva di durata ancora incerta, sta facendo scempio di posti di lavoro, specie tra i più giovani. La crisi generazionale pare ormai giungere al suo acme, tra rivolte plateali e di piazza, e atteggiamenti, invece, a volte più rassegnati e dimessi, come per quegli oltre 2 milioni di under-30 nel nostro paese ormai completamente sfiduciati, definiti come neet generation (né occupati, né in formazione). Più in generale le imponenti trasformazioni degli ultimi decenni, dall’avvento di una produzione post-industriale, alla frammentazione esasperata del mercato del lavoro, assieme all’emergere di forme inedite di creazione della ricchezza difficilmente contenibili entro gli schemi della prestazione salariale, rendono assai problematica la riproposizione acritica di vecchie politiche di protezione sociale ancora basate sulla centralità politica di una figura in via di dismissione, quella cioè del lavoratore fordista a tempo indeterminato.
In tutto l’Occidente la disoccupazione è tornata a lambire e superare la soglia critica del 10%, il che ha portato anche il governatore della FED Ben Bernanke a sostenere che la fase recessiva durerà “ancora per un periodo esteso” e che la crescita “è stata più lenta del previsto”. In questa congiuntura anche chi riesce a mantenere un posto di lavoro stenta spesso a raggiungere e superare la soglia di povertà (il fenomeno dei working poor riguarda a livello continentale – secondo l’Eurostat – un occupato su dieci), mentre addirittura un lavoratore su cinque può lamentarsi di essere inquadrato in una mansione inferiore rispetto alla propria formazione. Le continue riforme o negoziazioni al ribasso dei diritti sul lavoro sono la misura per cui oggi si possa parlare a tutto tondo di precarizzazione del lavoro e di precarietà esistenziale segnando cosi la parabola di congedo dall’utopia del pieno impiego e della stessa ideologia del lavoro salariale che ha visto in questi ultimi anni enormi trasformazioni dal welfare del cittadino al workfare del cittadino al lavoro, “drogando” il più delle volte il mercato del lavoro, tra formazione permanente e miliardi di euro nel sostenere imprese ed aziende.
Per muovere dei passi oltre questo orizzonte sconsolato di crisi e di declino è necessaria l’affermazione di nuove strategie: il reddito garantito è una tra queste. A fronte dei tanti casi di fallimento individuale e collettivo all’interno del paradigma del pieno impiego occorre mettere a tema la possibilità di un superamento del nesso tradizionale tra prestazione lavorativa e garanzia dei mezzi di sussistenza.
Da questa auspicabile dissociazione tra assicurazione dei mezzi vitali e prestazione lavorativa risulterebbe non tanto la distruzione del lavoro in quanto tale come temono i conservatori (che vedono catastrofe in ogni innovazione) e neppure lo scioglimento della attuali attività lavorative in una dinamica sociale interamente liberata (come pensa chi vede il reddito garantito come panacea di tutti i mali): piuttosto e più laicamente ne risulterebbe una sorta di equiparazione tra la sfera del lavoro e la sfera del non-lavoro. A ciò che esula dalla sfera lavorativa formale verrebbe data dignità sociale almeno pari a quella che si è soliti attribuire al lavoro salariato e oggetto di scambio sul mercato.
Questa forma di valorizzazione e di riconoscimento della sfera del non-lavoro è così importante nella congiuntura contemporanea, perchè è proprio nella sfera extra-lavorativa che vediamo all’opera negli ultimi anni le forme più interessanti e innovative di risposta alla crisi, è lì che vediamo le esperienze creative di autodifesa della società dalle aggressioni sempre più brutali di un sistema economico incapace di garantire in modo certo la stessa riproduzione materiale dei suoi membri.
- Dal tavolo di lavoro su precarietà e reddito emerge dunque con forza la necessità di intravedere nel reddito garantito una doppia risposta: a un mondo del lavoro in crisi e segnato dalla precarietà offrirebbe nuove tutele e un margine di maggiore serenità nelle fasi sempre più frequenti di transizione da una occupazione all’altra, aumenterebbe la possibilità di contrastare il ricatto del lavoro senza diritti e a basso salario, aumenterebbe la possibilità di scelta del lavoro valorizzando le competenze acquisite, creerebbe l’opportunità di autonomia degli individui, faciliterebbe l’idea di una flessibilità del lavoro agita e non subita; dall’altra parte significa dare valore a quella sfera del non-lavoro in crescita dando cosi ancora più senso e forza all’idea di un “welfare attivo” inteso come libera partecipazione al bene comune di una società anche oltre il lavoro. In particolare il tavolo di lavoro ha visto concentrarsi il dibattito specificatamente alla situazione italiana ed al ritardo enorme nell’introduzione di misure come il reddito garantito, per questo è emersa con forza anche la necessità di sviluppare ancora maggior consenso e informazione a partire dal mondo sindacale e politico chiedendo con forza l’introduzione in Italia di misure di contrasto alla precarietà a partire dall’erogazione di un reddito garantito incondizionato a livello nazionale a precari e disoccupati ed accompagnato da misure di reddito indiretto (casa, trasporti, formazione etc.) coinvolgendo i governi regionali e gli enti locali a seconda delle competenze ad essi attribuite.
2. Finanziare il reddito è possibile
La sostenibilità economica e finanziaria di una misura di compiuta garanzia del reddito è assolutamente possibile, purché lo si voglia davvero. Finanziare un reddito garantito individuale a tutti coloro che si trovano collocati sotto la soglia di povertà non è un obiettivo irrealizzabile. Nell’ambito del meeting sono stati analizzati i costi da sostenere per l’introduzione di un reddito minimo incondizionato. In particolare sono stati studiati due casi, a secondo del livello di reddito minimo assicurato. Nel primo caso, si fa riferimento alla soglia di povertà relativa, nel secondo caso ad un livello superiore del 20%. Utilizzando i dati della Commissione di indagine sulla povertà e l’esclusione sociale e la banca-dati Caritas-Italia, sono state presentate due simulazioni di costo.
Le simulazioni, i cui risultati saranno ulteriormente approfonditi e discussi in un forum telematico, hanno evidenziato un costo complessivo, al netto dei sussidi al reddito già esistenti, pari circa a 5,2 miliardi per garantire un reddito minimo coincidente con la soglia di povertà relativa (Euro 600 al mese). Per assicurare mezzi di sostentamento più elevati (superiori del 20% rispetto alla soglia di povertà relativa) la simulazione ha evidenziato la necessità di un impegno finanziario più consistente, pari a circa 15,7 miliardi di euro. Da questo primo schema emerge che un simile intervento, anche se di ammontare significativo, è comunque economicamente sostenibile. Il problema dunque non è della sua più o meno presunta praticabilità, ma di volontà e scelta politica.
Da questo punto di vista il tema del reddito garantito pare destinato a intrecciarsi con molti altri temi scottanti e urgenti che riguardano gli equilibri sociali complessivi del nostro Paese. Non si può infatti svincolare questo obiettivo dalla necessità di realizzare una vera e seria riforma del welfare (con accorpamento e razionalizzazione delle misure di sostegno oggi esistenti e disperse), assieme a una riscrittura delle forme di governo territoriale (chiarendo e coordinando i margini di manovra e di competenza sui temi sociali dei livelli statale, regionale e locale). Non può poi sfuggire il nesso tra introduzione di un reddito garantito e una riforma fiscale che sappia recuperare risorse drenandole dal sommerso e dall’evasione fiscale, e che sappia al contempo colpire con più efficacia a fini redistributivi gli alti redditi e i grandi patrimoni. Da questo punto di vista l’introduzione di una tassa patrimoniale, capace di incidere anche sulle transazioni finanziarie, potrebbe ben collegarsi, anche simbolicamente, con l’implementazione di una misura di compiuta garanzia del reddito.
L’argomento relativo alla carenza di risorse e alla non sostenibilità sul piano finanziario si mostra insomma del tutto pretestuoso, da un lato perché l’insistenza sulla supposta scarsità di risorse è di solito un modo mascherato e apparentemente anodino di introdurre una valutazione circa le priorità di spesa. D’altro canto appare chiaro che una ferma volontà politica coniugata a un paziente lavoro d’analisi sulle risorse e sulle possibilità di tassazione esistenti condurrebbe senza troppe difficoltà al reperimento delle risorse necessarie, anche perché le stime di costo offerte collocano il reddito garantito pienamente sul terreno della possibilità concreta.
- Dal tavolo di lavoro emerge dunque la necessità di continuare a studiare simulazioni possibili attraverso la realizzazione di un forum telematico che partirà dall’autunno 2011 (il Bin Italia ne darà notizia). La necessità di continuare a proporre simulazioni di finanziamente deriva anche dalle diverse proposte in campo sulle diverse misure di reddito garantito (ad esempio anche a seconda dell’ammontare del beneficio o della necessità di accorpare diverse misure già presenti).
3. Un milione di firme per il reddito garantito, ovvero “le dieci righe che sconvolsero l’Europa”
Nell’ambito del meeting è stata svolta una ricca e approfondita discussione sulle nuove possibilità di intervento offerte ai cittadini europei dal nuovo testo dell’art. 11 del Trattato sull’Unione come modificato dal Lisbon Treaty che prevede una raccolta di firme (un milione in almeno 7 stati) per proporre alla Commissione europea la presentazione di una iniziativa legislativa. La mozione popolare da sottoporre alla firma dei cittadini europei e poi alla valutazione della Commissione deve essere breve e stringata, dieci righe al massimo, perciò facilmente intelligibile e assolutamente diretta nell’additare l’obiettivo che si intende raggiungere.
Pensiamo che l’attivazione di questo strumento sul tema del reddito garantito, per sollecitare una presa di parola degli organi decisionali dell’Unione, possa essere percorsa con profitto, anche per incalzare un legislatore nazionale sempre più sonnacchioso ed elusivo su questo argomento.
L’Unione europea riconosce come noto il diritto ad un reddito minimo garantito come diritto sociale fondamentale all’art. 34 terzo comma della Carta di Nizza che però aggiunge “secondo le modalità stabilite dal diritto dell’Unione e le legislazioni e prassi nazionali”. Questo rinvio pone un problema serio di giustiziabilità del diritto in mancanza di una normativa sopranazionale ed anche di una nazionale come nel caso italiano. Inoltre il reddito minimo garantuito è previsto come una policy europea, oggetto di due puntuali raccomandazioni della commissione europea ( 1992 e 2008) ed integrato nei principi comuni di flexicurity che le politiche sociali europee ed interne dovrebbero implementare sistematicamente. Due risoluzioni del Parlamento europeo del 2008 e del 2010 hanno invitato gli stati a dotarsi di schemi di reddito garantito in grado di assicurare un’esistenza dignitosa attraverso un reddito “adeguato” che offra un’equa partecipazione del singolo alla vita culturale, sociale ed economica in cui è inserito e pari almeno al 60% del reddito mediano di ciascun paese. Infine la strategia 20-20 che ha sostituto la Lisbon Strategy prevede la riduzione di almeno 20 milioni di cittadini che versano in situazione di rischio di povertà.
Nonostante questo quadro importante di riferimento non può dirsi che il reddito garantito sia in concreto tutelato nella sua effettività e nel suo “nucleo essenziale” come stabilito dalla Carta di Nizza nel complesso dell’Unione e dall’Unione in quanto tale per molte e talvolta concorrenti ragioni: 1) alcuni paesi – come l’Italia, la Grecia e l’Ungheria – non hanno alcuna forma di garanzia dei minimi vitali e le Raccomandazioni loro rivolte non si traducono in sanzioni in grado di vincolarli; 2) in altri stati le prestazioni sono insufficienti a proteggere la dignità delle persone nei plurimi aspetti prima ricordati e sono, in realtà, meri sussidi di povertà; 3) nel corso degli anni ulteriori stati hanno avvitato progressivamente l’erogazione delle prestazioni a condizioni di varia natura, incompatibili con la natura di diritto sociale fondamentale del reddito garantito e che mortificano l’autonomia dei soggetti aiutati, stigmatizzandoli come appartenenti a nuove “classi pericolose”; 4) sotto l’incalzare della crisi in numerosi stati (Gran Bretagna, Irlanda, Francia, Spagna), le prestazioni sono state ridotte e rese ancor più condizionate alle cosiddette politiche di workfare.
Questa situazione alimenta, anche riguardo al reddito garantito, il pericolo di social dumping tra paesi membri in quanto la mancanza di regole unitarie ed obbligatorie per tutti rende possibile ai governi cercare di attrarre investimenti mantenendo basso il livello di tassazione e conseguentemente il livello di prestazioni sociali. In tal modo si alimenta una corsa generalizzata al ribasso che finisce con il distruggere quanto costruito anche a livello nazionale nei welfare states del dopoguerra.
E’ quindi interesse generale dei cittadini europei che l’Unione si doti di regole unitarie in ordine ai trattamenti dovuti per persone che sono a rischio di povertà e di esclusione sociale. Si tratterebbe infatti di affermare il principio per cui il risanamento dei bilanci pubblici, sempre che sia davvero necessario, non può essere ottenuto con la limatura o l’annullamento di prestazioni mirate a proteggere la dignità essenziale della persona. Da questo punto di vista l’ultima Risoluzione del Parlamento europeo dell’ottobre del 2010 offre già i parametri, come detto, per definire i contorni di una proposta in tal senso dei cittadini europei: su tale testo si è infatti già raggiunto un altissimo consenso ( 540 voti a favore e 19 contrari). L’UE ha già varato un Regolamento che rende possibile la raccolta di firme a partire dall’aprile del 2012.
Proponiamo quindi che si apra un confronto con le organizzazioni e le associazioni, con i partiti italiani ed europei sensibili al tema del reddito garantito e all’esigenza, in generale, dell’approfondimento del capitolo sociale e partecipativo dell’Unione, per studiare i termini di tale campagna che dovrà trovare una adeguata base giuridica all’intervento proposto (su tale punto si dovranno interpellare a largo raggio giuristi ed esperti delle istituzioni UE). L’obiettivo ci appare realisticamente raggiungibile, soprattutto se congiunto ad altre campagne su obiettivi convergenti per un’Europa più sociale, partecipativa e democratica e con istituzioni di governance più autenticamente di tipo federale. Certamente questa scelta costituisce il primo passo perché sia la stessa Unione con fondi propri (ad esempio anche attraverso il ricorso agli eurobonds o con altre forme di tassazione proprie) a garantire la dignità “di base” di ogni suo cittadino o di ogni residente stabile nel suo territorio ( eventualmente anche ora si può studiare come un bilancio più forte Ue potrebbe coprire queste spese ed attraverso quali fondi). Una prima occasione per discutere di questi temi si farà già nei prossimi giorni a Genova, il 19 luglio alle ore 14:30 in un’assemblea a cui parteciperemo assieme ad altre associazioni in occasione del decennale delle proteste anti-G8. Intendiamo raccogliere tutte le proposte disponibili, comprese quelle redatte dalle altre reti “gemelle” del Bin-Italia soprattutto nord-europee, e ribadiamo il nostro impegno, preso già nel corso del meeting, di elaborare una prima proposta formale da redigere anche con il sostegno e la consultazione di giuristi ed esperti sensibili a tale obiettivo.
- Dal tavolo di lavoro su “Reddito ed Europa” emerge dunque la necessità di costruire una proposta di iniziativa politica paneuropea senza abbandonare la prospettiva di un autentico basic income erogato incondizionatamente ad ogni cittadino, a prescindere dalla sua condizione di bisogno, ma vuole rappresentare la costruzione intanto di un solido tassello istituzionale e costituzionale per questo “salto” epocale, che l’attuale crisi va confermando come irreversibile.
La sfida del reddito garantito e l’impegno del Bin-Italia per l’immediato futuro
Il meeting del 9 e 10 giugno ci ha consegnato insomma con forza l’esigenza di fare della questione del reddito garantito un tema di dibattito ufficiale nella sfera politica. E’ tempo davvero che finalmente si affronti a viso aperto il tema del reddito garantito come una delle centralità da cui ripartire nella costruzione di una nuova idea di relazioni sociali e di diritti universali. Ed ancora più forte è l’esigenza di intervenire nella situazione di un Paese come l’Italia nel quale, dati Istat alla mano, una persona su quattro è a rischio povertà, in cui i salari sono tra i più bassi nel mondo sviluppato, in cui si spende in assoluto di meno nel contesto dell’Europa a 27 per quel che riguarda il sostegno del reddito. La crisi economica che stiamo attraversando senza ancora una chiara prospettiva di fuoriuscita, ha messo a nudo in modo drammatico le carenze di un sistema di protezione sociale come quello italiano incapace di offrire tutele adeguate ai soggetti più esposti ai rischi di esclusione sociale, giovani e lavoratori precari primi fra tutti.
Il Bin-Italia dunque non ritiene affatto concluso il percorso del meeting avviatosi a marzo 2011 e si impegna nel continuare l’opera di sensibilizzazione chiedendo sin da ora alla politica nazionale una presa di posizione ed indicando già nell’autunno 2011, la continuazione di questo percorso e l’avvio di un confronto non ideologico sul tema del reddito garantito.
Ringraziamento ai partecipanti
Con la stesura di questo documento il Consiglio Direttivo del Bin Italia ritiene importante, oltre che ringraziare tutti i soci ordinari e sostenitori del Bin Italia, i tantissimi partecipanti a questo percorso che ha preso vita già a marzo 2011 ed ha concluso la sua prima parte nel Meeting di giugno.
Tra i tanti che hanno partecipato vogliamo menzionarne alcuni che, a prescindere dal meeting, muovono i propri passi per la realizzazione di una misura come il reddito garantito.
Luigi Ferrajoli Giurista e Professore di filosofia e teoria generale del diritto e socio Bin Italia;
Guy Standing Professore Università di Bath e co-presidente del BIEN;
Claus Offe Professore di Sociologia Politica Hertie School of Governance Berlino;
Ruben Lo Vuolo Presidente Rete Argentina reddito di base;
Ailsa McKay Professore di Economia Università di Glasgow Caledonian;
Massimiliano Smeriglio Assessore al lavoro Provincia di Roma;
Mauro Palma Presidente Comitato Europeo Prevenzione della Tortura e socio Bin Italia;
Roberto Di Giovanpaolo Senatore PD;
Virgilio Dastoli Presidente CIME;
Franco Berardi Bifo Scrittore;
Betty Leone Responsabile nazionale Welfare di SEL;
Titty Di Salvo Presidenza nazionale SEL;
Enza Bruno Bossio Direzione nazionale PD;
Andrea Catarci Presidente Municipio XI;
Roberta Fantozzi Responsabile nazionale lavoro PRC;
Eleonora Florenza Resp. nuovi diritti PRC;
Antonio Ferraro Resp. Pol. Soc. PRC;
Isabella Massafra Segreteria nazionale Emmaus;
Fabio Cucculelli Acli nazionale;
Nicoletta Teodosi Cilap EAPN;
Massimo Cruciani Cilap EAPN;
Sepp Kusstatscher Network per il Reddito di Base Sudtirolo;
Arturo Salerni Progetto Diritti;
Fabrizio Stocchi FLC CGIL;
Ernesto Rocchi CGIL Roma;
Carlo Guglielmi Presidente Forum DirittiLavoro;
Maria Luisa Mirabile Rivista delle politiche sociali;
Marco Bascetta ManifestoLibri;
Stefano Giusti Atdal Over 40;
Maria Gabriella Guadalupi Osservatorio mercato del lavoro Provincia di Roma;
Sergio Mattone Presidente dell’Associazione per i Diritti Sociali e di Cittadinanza;
Livio Pepino Direttore di Questione Giustizia;
Alessandro Brunetti Giuristi Democratici;
Paolo Acunzo Movimento Federalista Europeo;
Pier Paolo Grossi Movimento Federalista Europeo;
Emanuele Murra Università del Salento;
Maria Grazia Campari avvocato del lavoro Milano;
Giuseppe Orio Movimento Federalista Europeo;
Titti Zerega Movimento Federalista Europeo;
Valeria Piccone Magistratura Democratica;
Linda D’Ancona Magistratura Democratica;
Antonella Di Florio Magistratura Democratica;
Giacinto Bisogni Magistratura democratica;
Cristian Sica Rete San Precario;
Giulia Bucalossi Rete San Precario;
Paolo Vernaglione Lab. Filosofia SofiaRoney;
Franco Russo Forum redazione Alternative per il Socialismo;
Roberto Musacchio SEL nazionale;
Alberto De Nicola ESC;
Simone Oggionni Roma Giovani Comunisti, portavoce nazionale;
Andrea Beccari assessore politiche sociali municipio XI Roma;
Gabriele Petrone Comitato promotore reddito minimo Calabria;
Luciano Natalino Comitato promotore reddito minimo Calabria;
Graziella Mascia Associazione Altra mente;
Dario Mavilla Associazione Altra mente;
Ines Caloisi Associazione diritti collettivi;
Fabio Massi Acta;
Angela Lombardi Uniti contro la crisi;
Filippo Cannizzo Precariamente;
Danilo Chirico Dasud;
Roberto Ciccarelli giornalista;
Rossella Basile Rivista delle politiche sociali;
Adalgiso Amendola Università di Salerno;
Franco Liso Università La Sapienza;
Stefano Lucarelli ‘Università di Bergamo;
Peter Osten ex presidente JEF;
Biagio Quattrocchi università di Salerno;
Francesco Matera Università di Milano;
Chiara Meoli Università Roma3;
Elisabetta Ambrosi giornalista;
Riccardo Faranda Avvocato del lavoro;
Graziella Durante ricercatrice Università di Salerno;
Giulio Prosperetti Università Roma 3;