La miseria del welfare state italiano e dei connessi sistemi di protezione sociale condannano l’Italia ad essere sostanzialmente tra le ultime in Europa per salario percepito, occupazione in generale e occupazione femminile in particolare; eppure negli ultimi anni si è sviluppato un vivace dibattito sui temi del reddito garantito: reti di nuovi movimenti sociali che hanno portato anche nelle strade la rivendicazione di un reddito garantito, governi regionali che hanno avviato sperimentazioni e promosso leggi, ma soprattutto una molteplicità di iniziative culturali e politiche che hanno saputo ibridare i diversi piani del dibattito sul reddito.
Nel nostro anno e mezzo di attività abbiamo attraversato in lungo e in largo l’Italia partecipando e/o promuovendo dibattiti e iniziative, fino alla recentissima ‘Convenzione dei cittadini europei sui beni pubblici ed i diritti collettivi’ del 4 e 5 giugno 2010 nella cui Dichiarazione conclusiva è stata inserita la rivendicazione di un reddito garantito europeo.
Buoni risultati crediamo siano stati raggiunti anche attraverso la pubblicazione del volume ‘Reddito per tutti: un’utopia concreta’ una raccolta ragionata di saggi, con autori nazionali ed internazionali, che ha riaperto molte chances di discussione nell’ambito culturale e scientifico così come nei movimenti sociali.
Il nostro sito, inoltre, raccoglie materiali e notizie da tutto il mondo e sta diventando un vero e proprio portale multimediale del B.I e dei temi a esso collegati, mentre lo strumento della newsletter ai soci continua a essere un formidabile e agile archivio per la registrazione delle principali novità. E se l’attuale assetto politico del nostro paese non offre nessuna sponda, sulla scia della Regione Lazio in cui è stata approvata una legge per il Reddito minimo garantito, alcuni governi regionali (Marche, Molise, Lucania, Umbria, Liguria) sono al lavoro per predisporre le loro piattaforme legislative. Come Bin-Italia collaboreremo in questi processi affinché le sperimentazioni portino nei territori e ai cittadini il diritto al reddito senza abbassare però l’attenzione sulla necessità che questo strumento diventi non solo esigibile a livello nazionale ma internazionale con particolare attenzione al continento europeo.
Infatti di una tutela del ‘reddito di base’ si parla nell’ambito dell’implementazione della Lisbon agenda e della Strategia Europea per l’Occupazione, nonché all’interno dei processi di confronto multilivello connessi al cosiddetto metodo aperto di coordinamento, mentre il diritto è esplicitamente formulato e come tale è ripreso dalla Carta di Nizza al suo art. 34. A partire anche da ciò ci impegneremo per un proposta di raccolta di firme, almeno un milione, che arrivi nelle stanze delle istituzioni europee e che ponga il tema del reddito come diritto comune europeo.
Che il 13° Congresso del BIEN abbia come focus l’interrelazione tra questo strumento e temi come la giustizia e la pace ci pare sia un segnale significativo, quasi una indicazione di dove continuare a guardare per un obiettivo universalista e incondizionato.
La forza degli argomenti a sostegno del B.I. crediamo infatti non si esaurisca in tempi di così drammatica crisi economica e finanziaria ma anzi prende ancora più slancio e ci permette di connetterci anche con quegli approcci che, pur non partendo da esso, riescono a arricchirne la portata sociale e politica. Portata non indifferente nemmeno sul piano della più alta tra le aspirazioni umane, la libertà.
Ragionamenti molto concreti circa l’intreccio tra etica ed economia ad esempio ci sono stati forniti da A. Sen, che nei suoi studi sulle capabilities non ha risparmiato di mettere bene in evidenza come le libertà sostanziali (libertà di/libertà da) siano strettamente vincolate alle condizioni sociali ed economiche: «lo sviluppo consiste nell’eliminare vari tipi di illibertà che lasciano agli uomini poche scelte e poche occasioni di agire secondo ragione; eliminare tali illibertà sostanziali è un aspetto costitutivo dello sviluppo ».
Al tempo della frammentazione dei legami solidi della modernità, della ridondanza di informazioni e inconsistenza dei beni acquisiti, anche la riconoscibilità del proprio essere nel lavoro viene messa in crisi; condizioni di povertà, di marginalità e di privazione producono la riduzione di capacità combinate, e quindi della propria libertà. Specularmente, ogni intervento di welfare, dovrebbe focalizzarsi sulla complessa condizione delle persone che vivono, insieme a una riduzione del reddito, una drastica riduzione e/o perdita di possibilità e di competenza ad agire.
Ancora più oltre si spinge M. Nussbaum rilevando come indicatori di benessere di una società il potere di ridere, giocare, immaginare, amare e soffrire, vivere nella natura. Indicatori spia che esprimono la complessità di un pensiero per cui la libertà non coincide con la mera mancanza di coercizione ma arriva fino alla predisposizione di risorse istituzionali affinché tutti abbiano le stesse capacità di partenza. La logica della precarizzazione e frammentazione infatti cerca di mistificare un lato della medaglia, ovvero quello in cui l’umanità è allo stesso tempo capace di compiere scelte in autonomia, ma anche bisognosa materialmente e socialmente. Ignorare la condizione di bisogno quindi significa privare le persone della possibilità di scegliere ed in ultima analisi condizionare lo sviluppo delle socialità e delle società.
L’approccio di questi due autori, pure lontani dai modelli welfaristici di qualunque matrice, converge con il B.I. in particolare su due ordini di argomenti: le riflessioni intorno al tema della libertà di scelta e a quelle sulla interdipendenza.
Anche così emerge una delle ragioni forti a favore del basic income, cioè la sua capacità di riequilibrare i rapporti di potere asimmetrici e di riconoscere il diritto di ogni individuo ad avere una dotazione di base che consenta lo sviluppo delle capacità e sciolga i lacci della dipendenza e del destino.
La possibilità di scegliere diventa quindi un indice universale ed in questo sta lo scontro con un sistema economico che pretendere invece di dettare strade, mete, gusti e di stabilire anche chi, dove e quanti possono e/o devono usufruire delle risorse.
Mentre la retorica ideologica della flessibilità del mercato a qualunque costo sembra non rallentare il suo cammino, allo stesso tempo alimenta il bisogno di guardare al BI come a quella proposta che sempre di più sembra essere capace di portare ovunque dignità e possibilità e così facendo aprire porte che oggi sembrano chiuse da guardiani violenti e ciechi.
E’ quindi sui contenuti della giustizia il terreno di scontro e di crescita di una proposta come il B.I.. Quando un bene primario, come la possibilità di vivere una vita, viene a mancare perché messo in crisi e in pericolo e al suo posto si forma una voragine non possiamo che cercare: cercare nella cultura che cambia senza andare avanti, nell’economia che cresce ma non fa crescere né la gioia né il senso di sicurezza, nella vita che sembra tutto un mercato, in una umanità stretta fra il troppo e il troppo poco (cibo, lavoro, relazioni), e cercando ci si apre la strada di quel comune che si esprime sempre e comunque a dispetto della realtà.
‘Una parola è morta quando l’hai detta, dicono alcuni. Io dico invece che incomincia a vivere proprio quel giorno’ (E. Dickinson). Il compito del Bin-Italia in questo primo anno e mezzo è stato – e vogliamo che continui a essere – quello di ripetere, amplificare, portare in giro in ogni luogo le parole reddito per tutti, perché crediamo che contengano un principio vitale e necessario. Un principio che acquista forza sempre più nella consapevolezza di quelli che guardano al mondo come ad un bene di tutti e che per questo chiedono di essere parte di quel bene, mettendo in comune le risorse per uno sviluppo delle possibilità.
A cura di Basic Income Network Italia