Articolo tratto da La Furia dei Cervelli del 21 giugno 2015
Daniela Risi*
Ho quasi 58 anni, totalmente disoccupata da quattro, lavoro intermittente negli anni immediatamente precedenti. Sono sola e senza alcun reddito, tra pochi mesi sarò fuori di casa e mi aspetterebbe forse (ma non lo permetterò) una branda in una casa di accoglienza (proposta dei servizi sociali), unico e solo “sostegno” che mi è stato offerto. Sono iscritta al centro per l’impiego dal 2006 (inutilmente) e non ho mai smesso di cercare lavoro, forse con meno energia negli ultimi due anni (mi sono ammalata , il corpo ha ceduto,sono a pezzi), ma tanto non c’è differenza.
Non ho mai fatto la furba, mai rubato, mai chiesto nulla a nessuno. Ho fatto l’università, ho vissuto all’estero, mi sono reinventata mille volte, ho iniziato a lavorare a 23 anni. Sono una persona perbene, che si è presa di imbecille innumerevoli volte nella vita per non essere stata abbastanza furba, ma “essere furbi” a me è sempre parso bestemmia.
In questi ultimi anni di disoccupazione totale ho subìto le peggiori umiliazioni, e dire che ci tenevo tanto alla mia autonomia, alla mia dignità, ma ho dovuto lottare con le unghie e con i denti per i diritti che mi spettano come persona e cittadina, inutilmente: ho lottato per sopravvivere, letteralmente, ero e sono senza cibo, senza riscaldamento, senza scarpe, senza soldi per le medicine: non ho avuto nulla, e mi è stato detto (dai servizi sociali, non solo vox populi) che come disoccupata non avevo diritto a nulla, meglio sarebbe stato se fossi stata invalida, o ex tossicodipendente o ex carcerata o extracomunitaria.
Inaccettabile, ma intanto diventi semplicemente una ex persona, e per di più arrabbiata per l’odioso pensiero sottinteso, che viene suggerito sottotraccia in discorsi del genere: fate la guerra tra poveri, così vi distraete e i veri artefici di questa iniquità sfocano nelle nebbie della paura e della rabbia. Questo calvario, il calvario di chi non trova più lavoro ed è consapevole che non potrà trovarlo mai più, meriterebbe ben più di queste poche righe accavallate. Posso dire che questo far franare verso il marciapiede è la cosa più ingiusta e stupida che una società possa fare ad un suo (pseudo) cittadino, che non possa o possa ancora contribuire al bene comune.
Ti riducono a essere una donna morta che cammina e poi ti danno anche la colpa di non essere abbastanza flessibile, di essere un gufo, e, molto spesso, che loro avrebbero saputo fare certamente di meglio basta essere ottimisti. Sono a fine corsa, mio malgrado, e vedo che niente di quello in cui credo e ho creduto per tutta la vita (diritti, dignità, libertà, giustizia) e che mi ha sempre fatta ‘altra’, niente attecchisce, anzi….
Questo “Grande Paese” che non ha fatto e continua a non fare nessuna politica contro la povertà, che non dà niente di niente ai poveri, vecchi o nuovi che siano, che impartisce ordini più o meno sublimati di non solidarietà, di non coesione sociale, di uno contro l’altro, tenendo tutti in pugno, debilitando coscienze, svuotando legislazioni, FACENDO LEVA SULLA PAURA ….
Sono giunta a questa conclusione, a questa richiesta estrema e paradossale di solidarietà: speranza che la gente cominci a chiedersi cosa facesse parte del proprio progetto di vita, se la solidarietà verso gli ultimi ne faceva parte, e se questo tradimento verso di loro, il loro abbandono come meri effetti collaterali, non sia anche un tradimento verso la propria vita, verso il progetto di vita di ciascuno.
Finché non direte che noi facevamo parte del vostro progetto di vita, fino a quel momento niente potrà cambiare. Forse riconducendo ad una sorta di egoismo personale l’inclusione degli ultimi (‘ehi, fate qualcosa, non ne posso più di queste lagne!’), forse solo allora sarà possibile e pretendere la salvaguardia dei diritti di chi è stato escluso. Quanto al capire, nutro molti dubbi, e ancor meno credo alla solidarietà inclusiva.
Ci sono certamente voci giuste che si levano, ma sembrano solo voci nel deserto a chi come me non ha più tempo e vede che niente è cambiato se non in peggio.
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* Noi siamo sempre stati per il reddito minimo garantito e il sussidio universale di disoccupazione come princìpi base di un Welfare concretamente universale, che investa sull’autodeterminazione delle persone, per un’esistenza libera, dignitosa e, per quanto possibile, felice. In prima istanza per dire no ai ricatti della miseria e della sventura, senza pietismi, piuttosto come idea di una nuova società, qui e ora.
Per questo pubblichiamo questo scritto di Daniela Risi, originariamente un post di commento al nostro intervento su MicroMega.
Perché, con lei, fondiamo le nostre esistenze sull’irriducibile urgenza di voler affermare “diritti, dignità, libertà, giustizia”. E il reddito minimo garantito è il primo passo per tenere insieme libertà individuale e solidarietà collettiva: un investimento da parte delle istituzioni pubbliche sulle concrete possibilità di emancipazione delle persone.
Siamo con Daniela e con tutt* quell* che non si rassegnano a un presente di miseria e ricatti! Per il reddito minimo garantito e un Welfare universale.
Giuseppe Allegri, Roberto Ciccarelli