Il Bin Italia ha promosso una serie di interviste sul tema del reddito garantito tra alcuni autori, esponenti politici, liberi pensatori, sociologi, giuristi etc. al fine di continuare ad allargare ed approfondire il dibattito sul reddito garantito.
Qui intervistiamo:
Josef “Sepp” Kusstatscher: E’ stato sindaco di Villandro, consigliere provinciale dell’ Alto Adige, consigliere regionale del Trentino Alto Adige. È stato deputato del Parlamento europeo, eletto nel 2004 per la Federazione dei Verdi. Autore di articoli e saggi è anche membro del BIEN Sud Tirol e socio del Bin Italia.
Alcune domande sul reddito garantito a Josef “Sepp” Kusstatscher.
Il Bin Italia ha promosso una serie di interviste sul tema del reddito garantito tra alcuni autori, esponenti politici, liberi pensatori, sociologi, giuristi etc. al fine di continuare ad allargare ed approfondire il dibattito sul reddito garantito.
Josef “Sepp” Kusstatscher: E’ stato sindaco di Villandro, consigliere provinciale dell’ Alto Adige, consigliere regionale del Trentino Alto Adige. È stato deputato del Parlamento europeo, eletto nel 2004 per la Federazione dei Verdi. Autore di articoli e saggi è anche membro del BIEN Sud Tirol e socio del Bin Italia.
1) Il Novecento è stato il secolo del riconoscimento, nelle Carte costituzionali e nella legislazione ordinaria, dei diritti sociali e del lavoro. Cosa pensa sia necessario oggi per una tutela più efficace dei diritti sociali?
Senz’altro il Novecento ha segnato un successo notevole nella legislazione e nel riconoscimento dei principi sociali. Ma contemporaneamente la situazione concreta della giustizia sociale in tante parti del mondo è peggiorata: soprattutto negli ultimi vent’anni, la povertà e la disoccupazione sono aumentate molto, e non solo considerando i dati a livello globale. Queste considerazioni ci impongono di fare tutto il possibile, su tutti i livelli, per raggiungere una tutela più efficace dei diritti sociali. Penso soprattutto al diritto fondamentale di ogni persona ad una vita dignitosa.
2) Quali misure le sembrano più indicate per fronteggiare i processi di precarizzazione del lavoro? Che ruolo può svolgere in tale ambito uno strumento come il reddito garantito? E cosa differenzia secondo lei “il reddito garantito” da un ammortizzatore sociale?
Il problema della disoccupazione sicuramente non si risolve con l’aumento dell’età pensionabile e nemmeno con modelli straordinari di precarizzazione del lavoro.
La produttività negli ultimi cinquant’anni è aumentata in modo tale che non c’è più abbastanza lavoro pagato e ordinario per tutte le persone che potrebbero lavorare. L’aumento della produzione costituirebbe una risposta completamente sbagliata, perché la sovraproduzione e il consumo frenetico delle risorse non rinnovabili pongono grossi problemi a livello ecologico.
Il reddito garantito per tutti, o inizialmente almeno per i più poveri, potrebbe essere invece una valida via d’uscita, segnando un cambiamento paradigmatico.
Su un Pianeta come il nostro potrebbero vivere nove miliardi di persone. Ma oggi, con una popolazione inferiore ai sette miliardi, più di un miliardo di persone soffrono la fame. Ogni cinque secondi muore di fame un bambino di meno di dieci anni.
Le risorse sarebbero abbastanza per tutti. Ma i ricchi, che diventano sempre più ricchi, non hanno alcun interesse ad una equa divisione. I politici non hanno la forza o la volontà di imporre una giusta tassazione di chi realizza grandi profitti.
Ma senza una riforma radicale del sistema fiscale, le amministrazioni pubbliche non saranno mai in grado di sconfiggere la povertà.
I problemi della “cosa pubblica”, soprattutto nell’epoca della crisi finanziaria, economica, ecologica e climatica, non si risolvono con mezzi che rendono la legislazione sempre più differenziata e complessa. In questo senso gli ammortizzatori sociali, che implicano un continuo aumento del costo per così dire accessorio del lavoro, non sono assolutamente efficaci.
La politica sociale deve essere basata sul diritto di ogni persona di vivere dignitosamente, e deve essere finanziata in primo luogo attraverso le imposte, anziché attraverso i contributi di chi lavora.
È necessaria una nuova politica fiscale, che tassi maggiormente il consumo (soprattutto quello di risorse non rinnovabili), i grandi profitti, le proprietà e la ricchezza nonché i beni di lusso. Dobbiamo orientarci al principio: chi inquina paga. In Italia, la tassazione della speculazione e della ricchezza è molto più bassa che in altre zone d’Europa, per esempio negli stati scandinavi.
3) In molti Paesi europei, tramite le cosiddette politiche di workfare, l’erogazione di misure di sostegno al reddito sono vincolate al lavoro e quindi colui o colei che lo riceve deve accettare qualsiasi lavoro altrimenti perde il beneficio del reddito. Crede che il reddito garantito debba essere vincolato al lavoro? Se si perché? Se no perché?
Decisamente no, il reddito garantito non deve essere vincolato al lavoro. Tra l’altro, la Carta dei diritti fondamentali dell’ONU vieta esplicitamente l’obbligo al lavoro.
Il lavoro è un diritto, non un obbligo!
Anche l’ozio, non soltanto il neg-ozio, ha un valore in sé!
Inoltre è sbagliato pensare che, se non esistesse alcun obbligo al lavoro, nessuno farebbe più nulla. In realtà le persone fanno e hanno sempre fatto innumerevoli lavori non retribuiti, ma molto utili per la società. Pensiamo ad esempio alle donne casalinghe, alle madri e a chi fa volontariato. Senza il contributo (non pagato) di queste persone la società non potrebbe sopravvivere.
Inoltre il controllo pubblico di un sistema, con cui si amministrata e controlla la disoccupazione e l’occupazione per (quasi) tutti, non soltanto è costoso e difficile, ma lede anche il diritto alla libertà individuale.
4) Quali ruoli potrebbero avere i vari livelli istituzionali, da quello comunitario a quello nazionale, fino a quello dei governi e delle autonomie locali, per costruire una proposta di reddito garantito?
Secondo me è necessario armonizzare gradualmente la politica sociale e fiscale a livello dell’Unione Europea, anche per motivi economici. Attualmente abbiamo un mercato libero, ma non un mercato giusto. Ma ciò non significa che non si possa incominciare a introdurre modelli di reddito di base anche a livello regionale o nazionale, cominciando dagli strati sociali meno abbienti nella prospettiva di arrivare, in un secondo momento, al reddito garantito per tutti. Il problema centrale è che contemporaneamente va cambiato anche il sistema fiscale. Attualmente nell’Unione Europea questa materia è di competenza esclusivamente nazionale.
5) Secondo lei perché la tematica del reddito garantito fa così fatica a entrare nell’agenda politica italiana? Quali solo le resistenze maggiori?
Le resistenze contro il reddito garantito sono molte e varie. Per elencarne soltanto alcune:
– chi è ricco non vuole pagare più tasse;
– manca la solidarietà necessaria di chi lavora o ha proprietà con chi è disoccupato e non ha beni patrimoniali;
– l’idea che chi non lavora non debba nemmeno mangiare è un pregiudizio radicato nella maggior parte delle persone;
– varie istituzioni (per es. INPS, INAIL, sindacati…) non hanno interesse a un vero cambiamento del sistema sociale, perché in questo modo perderebbero il loro ruolo;
– ogni idea nuova viene vista con scetticismo;
– non si è ancora raggiunta quella “massa critica” che ha il potenziale di tradursi in maggioranza politica. Se c’è la volontà politica, si trova sempre anche il modo; altrimenti si trovano soltanto delle scuse per non dover cambiare nulla.
6) Quali pensa siano le criticità per istituire una misura di reddito garantito e come si possono superare? E quali pensa siano le criticità nel caso ci fosse un reddito garantito e come si possono superare?
Dobbiamo avere il coraggio di discutere e ripetere continuamente le ragioni per cui c’è bisogno di un cambiamento radicale del mondo economico, sociale ed ecologico. Dobbiamo spiegare che il reddito garantito per tutti è un’idea realizzabile. Quando la maggioranza della popolazione avrà compreso il significato di quest’idea, e si sarà così creata la “massa critica”, maturerà anche il necessario processo decisionale nei parlamenti.
Buoni esempi di esperimenti concreti come la Namibia e il Brasile possono dare una spinta al processo decisionale anche in Europa.
Io non condivido la paura che con un reddito garantito la maggior parte delle persone diventerebbe pigra.