La protesta. Nelle città deserte i ciclofattorini sfrecciano per portare il cibo a chi è in quarantena, ma per loro non c’è nemmeno la sicurezza contro possibili contagi. «Vogliamo l’accesso agli ammortizzatori e la continuità dei diritti». Il Basic Income Network Italia: “Ampliare la platea del reddito di cittadinanza, renderlo più universale possibile, eliminare condizionalità e obblighi delle politiche attive”
Insieme ai fattorini, i drivers e tutti coloro che consegnano la spesa a domicilio a chi è costretto alla quarantena nelle città chiuse per l’emergenza virus, i «riders» che lavorano chiamati attraverso una «app» sono i più esposti al contagio da coronavirus. Come gli operai che si ribellano perché devono mantenere in piedi una produzione devastata dallo choc della crisi da offerta amplificata dalle politiche di emergenza prese per combattere il virus, anche i ciclo-fattorini non ci stanno a svolgere un servizio pubblico essenziale a correre simili rischi per un panino o una cena giapponese. Per questo ieri le realtà auto-organizzate di questo lavoro digitale hanno diffuso una lettera e hanno denunciato una situazione intollerabile: nemmeno una paga da fame può giustificare il rischio da cui tutti intendono immunizzarsi. «Riteniamo la situazione molto grave e per noi fermare il contagio viene prima di qualsiasi altra cosa. Se distribuire cibo a casa diviene indispensabile, ci devono pensare lo Stato, la Protezione Civile e gli organi preposti. Noi ci fermiamo sostengono i Riders Union Bologna, Deliverance Milano, Riders Union Roma, Riders per Napoli – Pirate Union.
>>> Contro il coronavirus «estendere il reddito di cittadinanza a precari e freelance»
«Abbiamo lavorato in questi giorni in preda alla paura, principalmente per piattaforme che non ci hanno fornito i dispositivi di sicurezza necessari» spiegano. Per queste ragioni invitano allo sciopero e rivendicano anche loro un «reddito di quarantena» insieme a un’ampia rappresentanza di lavoratori sospesi tra il precariato e il lavoro autonomo e freelance che ieri si sono riuniti in un’assemblea virtuale trasmessa anche sulla pagina Facebook di Global Project. L’idea: estendere il reddito di cittadinanza esistente anche ai precari e ai freelance esclusi da una misura strutturale e ormai irreversibile nella crisi. «Le indicazioni di sicurezza fornite dal governo non sono possibili da rispettare per le app del food delivery» e «non lo sono a maggior ragione da oggi quando abbiamo scoperto incredibilmente di trovarci davanti a un’irresponsabile liberalizzazione delle attività di consegna a domicilio. Vogliamo scongiurare uno stato di grave pericolo per tutti noi e per la clientela. Per questo ci fermiamo e chiediamo reddito, tutele e garanzie per tutti coloro che sono invisibili anche nell’emergenza».
«Bisogna renderlo più universale possibile, eliminare condizionalità e obblighi delle politiche attive – sostiene il Basic Income Network-Italia (Bin) – Questo è il momento per rendere più universale e incondizionato il reddito di cittadinanza e iniziare una nuova storia del nostro sistema pubblico di sicurezza sociale che proprio nelle difficoltà può dimostrare di includere, tutelare e garantire la tenuta sociale e culturale del Paese. Oggi più che mai appare evidente quanto il principio di universalità del sistema sanitario sia necessario per garantire la salute di tutti, di come il welfare sia, in sostanza, un investimento e non una spesa».
Tratto da Il Manifesto