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Basic Income, cenni storici

di Yannick Vanderborght, David Casassas

Le origini, le posizioni, le tesi intorno al reddito di base (basic income), i primi meeting e le attività del Bien: il Basic Income Earth Network.

Per basic income si intende un reddito incondizionato garantito a tutti su base individuale, senza means test e sganciato dalla prestazione lavorativa. E’ una forma di reddito minimo garantito che differisce da quelle attualmente presenti in diversi paesi europei per tre elementi importanti:

– E’ accordato su base individuale piuttosto che su base familiare;

– E’ accordato a prescindere da qualsiasi reddito proveniente da altre fonti;

– E’ sganciato dalla prestazione lavorativa;

Libertà e uguaglianza, efficienza e comunità, proprietà comune della terra e condivisione dei benefici del progresso tecnologico, flessibilità del mercato del lavoro e dignità dei poveri, lotta contro le inumane condizioni lavorative, contro l’abbandono delle campagne e contro le inuguaglianze interregionali, autosufficienza delle cooperative e promozione dell’istruzione per gli adulti, autonomia dai padroni, dai mariti e dai burocrati sono alcune delle argomentazioni invocate a suo favore. Ma è l’incapacità a fronteggiare la disoccupazione con mezzi tradizionali che ha condotto, nell’ultima decade, all’idea che è stata presa seriamente in tutta Europa da un numero crescente di studiosi e di organizzazioni. Le politiche sociali e le politiche economiche non possono più essere concepite separatamente e il basic income è sempre più visto come l’unica via percorribile per conciliare due dei loro rispettivi obiettivi centrali: il rimedio alla povertà e la piena occupazione.

Esiste un’ampia gamma di proposte in circolazione. Esse differiscono in merito agli importi, alle fonti di finanziamento, alla natura e alla misura delle riduzioni negli altri trasferimenti e a molte altre dimensioni. Per quanto riguarda le proposte a breve termine, comunque, la discussione attuale si sta focalizzando in misura sempre crescente sui così detti sistemi di basic income parziale che non dovrebbero sostituire i sistemi di reddito minimo garantito presenti ma fornirebbero una base minima – e crescente in modo lento – alla quale potrebbero essere aggiunti altri redditi, compresi le indennità della sicurezza sociale rimanenti e le integrazioni di reddito minimo garantito sulla base del means test.

Numerosi eminenti studiosi europei si sono espressi a favore del basic income – tra loro due premi Nobel per l’economia. In alcuni paesi, persino esponenti politici di diversi partiti di governi europei stanno iniziando a supportarlo. Allo stesso tempo, la letteratura attinente agli aspetti economici, etici, politici e legali si sta espandendo gradualmente e, in vari paesi europei e nel mondo, coloro che stanno promuovendo l’idea, o sono solo interessati ad essa, hanno iniziato ad organizzarsi in un network attivo.

Cenni storici del BIEN (Basic Income Earth Network).

Le origini (1983-1986) – Un’idea, un collettivo, un premio.

Nell’autunno del 1983, tre giovani ricercatori decidono di mettere su un gruppo di lavoro allo scopo di fare ricerca sulle implicazioni di un’idea estremamente semplice, insolita ma avvincente che uno di loro propose di chiamare, in un documento circolato alcuni mesi prima, allocation universelle. Paul-Marie Boulanger, Philippe Defeyt e Philippe Van Parijs erano, allora, assegnati rispettivamente, ai dipartimenti di demografia, economia e filosofia dell’Universita’ Cattolica di Louvain (Belgio). Il gruppo diviene noto con il nome di Collectif Charles Fourier. Il suo principale prodotto e’ un numero speciale della rivista mensile La Revue nouvelle (aprile 1985). Ma poi, vince un premio con un compendio provocatorio dell’idea e delle sue conseguenze putative in un concorso di saggistica sul futuro del lavoro, organizzato dal King Baudouin Foundation.

Il primo meeting.

Con i soldi così inaspettatamente guadagnati, il Collectif Charles Fourier decide di organizzare un meeting al quale invita un numero di persone alle quali l’idea di un basic income incondizionato era già venuta alla mente, come scoprirà gradualmente, in maniera del tutto indipendente. Il meeting, tenutosi a Louvain-la-Neuve nel settembre 1986, con 60 partecipanti invitati, è di fatto la prima conferenza a livello internazionale sul basic income.

E’ stato un evento veramente straordinario, con molti combattenti, apparentemente soli, che hanno immediatamente scoperto un gruppo intero di spiriti simili. Essi comprendevano, tra gli altri, Gunnar Adler-Karlsson, Jan-Otto Andersson, Peter Ashby, Yoland Bresson, Paul de Beer, Alexander de Roo, Nic Douben, Ian Gough, Pierre Jonckheere, Bill Jordan, Greetje Lubbi, Edwin Morley-Fletcher, Claus Offe, Riccardo Petrella, David Purdy, Guy Standing, Robert van der Veen e Georg Vobruba.

Semi di un network permanente.

Alla fine della conferenza, alcuni partecipanti esprimono il desiderio di creare associazioni più stabili con il compito di pubblicare una newsletter regolare ed organizzare conferenze. Guy Standing propone di chiamare questa associazione Basic Income European Network, un nome che raccogliesse un facile consenso, visto che nessuno avrebbe potuto respingere la bellezza dell’acronimo corrispondente (BIEN). Il suo scopo, più tardi custodito nel suo statuto, viene formulato come segue: il BIEN ha lo scopo di servire come link tra gli individui e i gruppi impegnati o interessati al basic income, e di promuovere dibattiti su questo tema in tutta Europa.

Le attività passate ed attuali del BIEN.

Dal 1986 in poi, in aggiunta ad eventi minori, il BIEN ha organizzato un congresso internazionale principale ogni due anni, in un modo sempre più strutturato e professionale. In ogni caso, un accademico importante o un’organizzazione internazionale hanno accettato di ospitarlo e il supporto finanziario si è reso disponibile da molte fonti, sia pubbliche che private e sia nazionali che internazionali.

I primi due congressi del BIEN sono stati di un tenore tale da prestarsi alla pubblicazione degli atti, ma i congressi successivi hanno ricevuto così tanti contributi da non riuscire ad inserirli tutti in un volume unico degli atti.

Molti dei documenti presentati sono stati pubblicati in modo indipendente e diversi sono usciti alle stampe in due libri ampiamenti ispirati dai congressi del BIEN:

– Philippe Van Parijs ed., Arguing for Basic Income. Ethical Foundations for a Radical Reform. London & New York: Verso, 1992.

– Robert J. van der Veen & Loek Groot eds., Basic Income on the Agenda. Policy Options and Political Feasibility. Amsterdam: Amsterdam University Press, 2000.

Dal 1998 il BIEN ha pubblicato una Newsletter tre volte l’anno (33 numeri, alcuni in collaborazione con il Citizen’s Income Study Center di Londra). La pubblicazione della Newsletter è stata in realtà discontinua ma dal gennaio 2000 il BIEN inizia a pubblicare regolari NewsFlash che escono ogni due mesi e vengono inviate via elettronica ad oltre 500 membri. Possono anche essere scaricate dal sito web del BIEN. Infine, dal 1996 il BIEN ha un sito web che comprende, tra le altre cose, una consistente bibliografia.

Dopo il congresso di Barcellona (2004), il BIEN ha esteso il suo campo d’azione: ora si chiama Basic Income Earth Network.

Storia del basic income: le origini.

L’idea di n basic income incondizionato ha tre radici storiche. L’idea di un reddito minimo è apparsa la prima volta all’inizio del XVI secolo. L’idea di un sussidio incondizionato assegnato secondo le particolari esigenze dei beneficiari è apparsa per la prima volta alla fine del XVIII secolo. Le due sono state combinate, per la prima volta verso la metà del XIX secolo, per dar forma all’idea di un basic income incondizionato.

1. Reddito minimo: gli umanisti More (1516) e Vives (1526).

La cura di Raphael contro i furti.

L’idea di un reddito minimo, garantito dal governo a tutti i membri di una particolare comunità, è più antica dell’idea più specifica e radicale di un basic income incondizionato. Con l’avvento del Rinascimento, il compito di occuparsi del benessere delle persone povere cessa di essere considerato come campo d’interesse della Chiesa e dei filantropi. Alcuni dei così detti umanisti cominciarono a considerare l’idea di un reddito minimo nella forma di assistenza pubblica. In Utopia di Thomas More (1478-1535), pubblicato a Louvain nel 1516, il viaggiatore portoghese Raphael Nonsenso, passeggiando per la piazza centrale della città di Antwerp, narra di una conversazione avuta con John Morton, l’Arcivescovo di Canterbury. Un tale sistema, egli argomenta, sarebbe un modo molto  più astuto di combattere i furti rispetto alla condanna alla pena di morte per i ladri, la quale ha lo spiacevole effetto di incrementare la percentuale degli assassini.

“Mi accadde una volta di cenare con il Cardinale mentre era presente un certo avvocato inglese. Ho dimenticato come è venuto fuori l’argomento, ma egli stava parlando con entusiasmo in merito alle severe misure che erano state adottate contro i ladri. ‘Li appiccheremo tutti alla forca’, disse. ‘Ne ho visti almeno venti su un singolo patibolo. Eppure lo trovo così occasionale. Considerando quanti pochi di loro la fanno franca, come succede che siamo ancora tormentati da così tanti ladri?’

‘Che c’è di occasionale in ciò?’, chiesi – poichè non ho mai esitato di parlar franco di fronte al Cardinale. ‘Questo metodo di occuparsi dei ladri è sia ingiusto che indesiderabile. Come punizione è troppo severa e come deterrente è completamente inefficace. Il furtarello non è nocivo al punto da meritare la pena di morte. E nessuna pena sulla terra impedirà alle persone di rubare, se questo è il loro unico modo per procacciarsi del cibo. In merito a questo, voi inglesi, come molti altri, mi ricordate quegli insegnanti incompetenti che preferiscono prendere a vergate i loro alunni piuttosto che educarli. Invece di infliggere queste pene orribili, sarebbe molto più utile fornire ad ognuno dei mezzi di sussistenza, così che nessuno si trovi nella terribile necessità di diventare prima un ladro e poi un cadavere”1.

Una giustificazione teologica pragmatica per l’assistenza pubblica.

E’ comunque il caro amico umanista di Thomas More, Johannes Ludovicus Vives (1492-1540) che dovrebbe essere considerato come il vero ideatore di un reddito minimo garantito, poiché è stato il primo a elaborare un sistema dettagliato e a sviluppare un’argomentazione esauriente che lo spiegasse, sulla base di considerazioni pragmatiche e teologiche. Juan Luis Vives nasce a Valencia in una famiglia di ebrei convertiti. Lascia la Spagna nel 1509 per sfuggire all’Inquisizione, studia alla Sorbona ma si stanca presto della filosofia scolastica conservatrice che prevaleva a Parigi a quei tempi e si trasferisce a Bruges nel 1512, e nel 1517 a Louvain, uno dei centri principali del movimento umanista, dove viene nominato professore nel 1520. Insegna per breve tempo al Corpus Christi College di Oxford, ma spende la maggior parte della sua vita da adulto nella città di Bruges. In un saggio indirizzato al Sindaco di Bruges nel 1526, dal titolo De Subventione Pauperum, egli propose che al governo municipale venisse data la responsabilità di assicurare un minimo di sussitenza a tutti i suoi residenti, non per motivi di giustizia ma nell’interesse di un esercizio più efficace della carità moralmente richiesta. Il sistema assistenziale avrebbe come obiettivo i poveri. Ed è proprio a causa delle loro specifiche competenze che gli ufficiali pubblici dovrebbero avere la responsabilità dell’assistenza per i poveri. Per avere diritto a quest’ultima, la povertà di una persona deve essere immeritata, tuttavia la persona deve meritare l’aiuto che gli viene dato dando prova della sua disponibilità a lavorare.

“Persino a coloro che hanno dissipato le loro fortune in una vita dissoluta – attraverso il gioco d’azzardo, le prostitute, il lusso eccessivo, l’ingordigia e la speculazione – bisognerebbe dare del cibo, poiché nessuno dovrebbe morire di fame. Comunque, razioni inferiori e compiti più tediosi dovrebbero essere assegnati loro così che possano essere da esempio per gli altri. […] Essi non devono morire di fame ma devono sentire i suoi spasmi”.

Qualsiasi sia la causa della povertà, ci si aspetta che i poveri lavorino. “Persino al vecchio e allo stupido sarebbe possibile dare un lavoro che si può imparare in pochi giorni, come scavare buche, procurare acqua o trasportare qualcosa sulle proprie spalle.” L’utilità nel richiedere tali duri lavori da parte dei beneficiari del sistema è in parte per farli contribuire al finanziamento di quest’ultimo. Ma anche per assicurarsi che “essendo occupati e assorbiti completamente dal loro lavoro, si asterranno da quei pensieri ed azioni immorali nei quali si impegnerebbero se fossero inattivi.” In verità, questa preoccupazione bisognerebbe estenderla a coloro nati ricchi: l’imperatore Giustiniano aveva ragione, secondo Vives, “nell’imporre una legge che proibisse a tutti di spendere la propria vita nell’inattività”. Se i poveri non possono essere parassiti, perchè potrebbero esserlo i ricchi?2

Vives anticipa alcune intenzioni che guideranno più tardi i pensatori nella direzione di un basic income. “Tutte le cose che Dio ha creato, egli le mette nella nostra grande casa, il mondo, senza circondarle con muri e porte, così che esse siano in comune con tutti i suoi figli.” Quindi, eccetto coloro in stato di bisogno, chiunque si appropri dei doni della natura “è solo un ladro condannato dalla legge della natura poiché ha occupato e tenuto ciò che la natura ha creato non esclusivamente per lui”. Inoltre, Vives insiste che l’aiuto dovrebbe avvenire “prima che il bisogno induca a qualche azione folle o immorale, prima che i volti dei bisognosi arrossiscano dalla vergogna…La beneficienza che precede la dura e sgradevole necessità di chiedere è più piacevole e più degna di ringraziamenti”. Ma egli scarta esplicitamente la conclusione più radicale che sarebbe persino meglio se “la donazione venisse fatta prima che sorga il bisogno”, che è esattamente ciò che un adeguato basic income comporterebbe.

Da Vives alla Leggi per i poveri.

La giustificazione di Vives ha ispirato esplicitamente un sistema messo in opera alcuni anni più tardi dalla municipalità fiamminga di Ypres. Essa ha contribuito anche ad ispirare l’incipiente pensiero ed azione in merito alle forme di assistenza per i poveri, dalla scuola di Salamanca di Francisco de Vitoria e Domingo de Soto (dal 1536 in poi) alle leggi inglesi per i poveri (dal 1576 in poi). Meno ricordato dei suoi amici e protettori Erasmus e More, il pensiero pioneristico di Vives sul welfare state è stato riscoperto di recente3.

L’opuscolo di Vives è la prima espressione sistematica di una lunga tradizione del pensiero sociale e della riforma istituzionale focalizzata sull’esercizio pubblico della compassione attraverso sistemi governativi, basati sul means test, diretti ai poveri. Malgrado le difficoltà e i dubbi destati dal funzionamento delle leggi per i poveri, i pensatori del nouveau regime hanno fatto dell’assistenza pubblica una funzione essenziale di governo. Così scriveva Montesquieu (L’Esprit des Lois (1748), sezione XXIII/29, Paris: Flammarion, vol. 2, p. 134): “Lo Stato deve fornire a tutti i suoi cittadini una sussistenza sicura, cibo, vestiti ed uno stile di vita che non danneggi la loro salute”. Questa linea di pensiero ha condotto alla fine alla messa in opera di sistemi ampi di reddito minimo garantito finanziati a livello nazionale in un numero crescente di paesi, come piu’ recentemente, l’RMI in Francia (1988) e l’RMG in Portogallo (1997).

2. Donazione di base: i repubblicani Condorcet e Paine.

Condorcet e l’assicurazione sociale.

Verso la fine del XVIII secolo, emerge un’idea differente che avrà un ruolo persino maggiore nell’alleviamento della povertà in tutta Europa. La prima persona conosciuta ad aver abbozzato l’idea è il matematico di prim’ordine e attivista politico, Antoine Caritat, marchese di Condorcet (1743-1794). Dopo aver avuto un ruolo prominente nella Rivoluzione francese, sia come giornalista che come membro della Convenzione, Condorcet viene imprigionato e condannato a morte. In prigione, scrive il suo lavoro più sistematico, l’Esquisse d’un tableau historique des progres de l’esprit human (pubblicato, nel 1795, dopo la sua morte), che contiene, nell’ultimo capitolo, una breve bozza di ciò che dovrebbe somigliare ad un’assicurazione sociale e di come essa potrebbe ridurre l’ineguaglianza, l’insicurezza e la povertà.

“Esiste una causa inevitabile dell’ineguaglianza, della dipendenza e persino della miseria che costantemente minaccia la classe più numerosa e più attiva delle nostre società. Mostreremo che possiamo rimuoverla in grande misura assicurando a coloro che raggiungono la vecchiaia un’assistenza che è il prodotto di ciò che hanno risparmiato ma incrementato dai risparmi di coloro che hanno fatto lo stesso sacrificio ma che sono morti prima che venisse il tempo per loro di raccoglierne i frutti; oppure usando un compenso simile per fornire alle donne e ai bambini, nel momento in cui hanno perso i loro mariti o i loro padri, lo stesso livello di mezzi, sia che la famiglia in questione sia stata toccata da una morte prematura, sia che il capo famiglia sia ancora in vita; e infine, dando ai giovani che sono grandi abbastanza da poter lavorare per se stessi e da costituire una nuova famiglia, il beneficio di un capitale richiesto per lo sviluppo della loro attività e incrementato come risultato della morte prematura di qualcuno che non ha potuto goderselo. E’ sull’applicazione del calcolo delle probabilità di vita e sull’investimento di denaro che si deve l’idea di questo metodo. Quest’ultimo è già stato usato con successo, ma mai su larga scala e con la varietà di forme che lo renderebbero veramente utile non solamente per un gruppetto di persone ma per l’intera società, liberandola dalla bancarotta periodica di numerose famiglie, fonte ineusaribile di corruzione e miseria4”.

Questa idea chiara, che finirà con l’ispirare, un secolo più tardi, la nascita e lo sviluppo dei sistemi di assicurazione sociale di massa europei, inizia a tradursi in pratica con le pensioni d’anzianità di Otto Von Bismarck e i sistemi di assicurazione sanitaria per la forza lavoro della Germania unita (dal 1883 in poi). Sebbene non indirizzati ai poveri e comprendenti trasferimenti di massa ai non poveri, questi sistemi iniziano presto ad avere un enorme impatto sulla povertà in quanto il loro sviluppo ridimensiona i sistemi di assistenza pubblica e li relega ad un ruolo secondario. In un certo modo, l’assicurazione sociale ci ha portato più vicino al basic income  di quanto abbia fatto l’assistenza pubblica, poiché le indennità sociali distribuite non erano dettate da compassione ma erano sulla base di un diritto, basato, in questo caso, sui premi pagati al sistema assicurativo. Ma in un altro modo, ci allontana dal basic income, precisamente perchè il diritto alle indennità è ora basato sull’aver pagato abbastanza contributi nel passato, sotto forma di una certa percentuale sul salario. Per questa ragione, diversamente dalle versioni più ampie dell’assistenza pubblica, persino le forme più complete di assicurazione sociale non possono fornire un reddito minimo garantito.

Condorcet e Paine sulla donazione di base.

Comunque, è proprio  lo stesso marchese di Condorcet che per primo ha menzionato, seppur brevemente, nel contesto della sua discussione sull’assicurazione sociale, l’idea di un’indennità ristretta ne’ per i poveri (che meritano la nostra compassione) ne’ per i gli assicurati (che hanno diritto ad un compenso se si materializza un rischio), vale a dire l’idea di “dare ai giovani che sono grandi abbastanza per lavorare per se stessi e per costituire una nuova famiglia, il beneficio di un capitale richiesto per lo sviluppo della loro attività”. Il suo amico e collega della Convenzione, Thomas Paine (1737-1809), ha sviluppato l’idea in maggior dettaglio, due anni dopo la morte di Condorcet, in un saggio indirizzato al Direttorio, l’esecutivo di 5 membri che ha governato la Francia durante la maggior parte del periodo che separa la decapitazione di Robespierre dall’ascesa di Napoleone.

“E’ una posizione che non può essere contraddetta, egli scrive, che la terra, nel suo stato naturale e incolto, era e dovrebbe continuare ad essere proprietà comune della razza umana”. Nel momento in cui la terra viene coltivata, “è solamente nel valore di tale miglioramento e non nella terra in se stessa che la proprietà individuale si inserisce. Quindi, i proprietari di terreni coltivati devono alla comunità un canone di affitto del terreno (non ho un termine migliore per esprimere tale idea) per la terra che possiedono; ed è da questo canone che deve venir fuori il fondo proposto in questo progetto”. Da questo fondo, “bisognerebbe pagare ad ognuno, giunto all’età di 21 anni, la somma di 15 sterline come compenso, in parte, per la perdita della propria eredità naturale causata dall’introduzione del sistema della proprietà terriera. Ed anche la somma di 10 sterline l’anno, per tutta la vita, a coloro che al momento hanno compiuto 50 anni e a tutti gli altri che giungono a tale età”. I pagamenti, insiste Paine, dovrebbero essere fatti “ad ogni persona, ricca o povera che sia”, “perchè è in luogo dell’eredità naturale che, come diritto, appartiene ad ogni uomo, oltre e al di là della proprietà che egli possa aver creato o ereditato5”.

Da Paine alla Stakeholder Society.

Questa idea di una donazione minima uguale  per tutti nel momento in cui si raggiunge la maggiore età è riapparsa di tanto in tanto, per esempio negli scritti del filosofo politico francese Francoise Huet. Nel suo tentativo di combinare liberalismo e socialismo, egli propose che ai giovani venisse data una donazione finanziata dalla tassazione su quella parte di terra e di altre proprietà che il testatore ha ricevuto (v. Le Regne social du christianisme, Paris: Firmin Didot & Bruxelles: Decq, 1853, pp. 262, 271-3).

La stessa idea di donazione, combinata ad una pensione minima, come proposto da Paine, è stata recentemente ripresa e sviluppata in dettaglio da due professori della Yale Law School, Bruce Ackerman & Anne Alstott (The Stakeholder Society, New Haven: Yale University Press, 1999). La giustificazione a questo sussidio incondizionato di 80.000 $, tuttavia, non è più la proprietà comune della terra, ma una concezione più ampia di giustizia come uguaglianza delle opportunità.6

3. Basic income: i socialisti utopistici  Fourier (1848) e Mill (1849)

Il diritto di sussistenza di Charles Fourier.

Ciò che la proprietà equa della terra giustifica, nella visione di Paine, è una donazione incondizionata per tutti e non un reddito garantito. Un certo numero di autori del  secolo, come William Cobbett (1827), Samuel Read (1829) e Poulet Scrope (1833) in Inghilterra (v. Horne, Thomas A. Welfare rights as property rights, in Responsibility, Rights and Welfare. The theory of the welfare state, Boulder & London: Westview Press, 1988, 107-132, per uno studio utile) lo hanno certamente interpretato così da dare ai sistemi di reddito garantito una base più solida della carità pubblica. Il più famoso tra loro è lo scrittore francese Charles Fourier (1836: 490-2), uno dei visionari radicali che Marx ha definito come “socialisti utopistici”. In La Fauss Industrie (1836), Fourier afferma che la violazione del diritto naturale fondamentale di ogni persona a cacciare, pescare, raccogliere i frutti e lasciare il proprio bestiame a pascolare nei terreni di proprietà comune, implica che quella “civiltà deve sostenere chiunque sia incapace a soddisfare i propri bisogni, nella forma di una stanza d’albergo di sesta categoria e di tre pasti al gorno.

Il dividendo territoriale di Joseph Charlier.

Nel 1848, mentre Marx terminava il Manifesto Comunista in un altro quartiere di Bruxelles, l’autore fourierista Joseph Charlier (1816-1896) pubblicava, a Bruxelles, il suo Solution du probleme social ou constitution humanitaire (Bruxelles, Chez tous les libraires du Royaume, 1848, 106 p.), che può essere considerato come il testo che contiene la prima formulazione di un basic income autentico. Senza dubbio ispirato dalla tradizione fourierista, egli vede il pari diritto alla proprietà della terra come il fondamento di un diritto incondizionato al reddito. Ma Charlier rifiuta sia il diritto all’assistenza basata sul means test sostenuta dallo stesso Fourier, sia il diritto al lavoro remunerato, sostenuto dal suo più importante seguace Victor Considerant. L’uno, egli considera, si occupa solo degli effetti e l’altro coinvolge troppo lo Stato. Sotto la denominazione “minimo” o “revenu garanti” (reddito garantito) (e più tardi “dividendo territoriale”), egli propose di dare ad ogni cittadino un diritto incondizionato al pagamento trimestrale (più tardi mensile) di una somma fissata annualmente da un consiglio di rappresentanti nazionali sulla base del valore locativo di tutte le proprietà reali. In un libro successivo, nel quale Charlier sviluppa ulteriormente la sua proposta, egli la rinomina “dividendo territoriale” (La Question social resolue, Bruxelles, Weissenbruch, 1894, 252 p.). Un tale sistema, egli afferma, porebbe fine al “dominio del capitale sul lavoro”. Incoraggerebbe l’ozio? “Una disdetta per i pigri: saranno posti sotto un’indennità di breve durata. Il dovere di una società non va oltre l’assicurazione ad ognuno di una parte equa del godimento di ciò che la natura mette a disposizione, senza usurpare i diritti degli altri”. Niente sopra il minimo dovrà essere guadagnato7.

Il modello di socialismo più abilmente combinato di Mill.

L’ostinata istanza di Charlier venne a mala pena ascoltata ed egli stesso fu dimenticato velocemente. Ciò non avvenne ad un altro ammiratore del fourierismo: John Stuart Mill. Il passaggio attinente è il dibattito nel fourierismo che egli ha aggiunto alla seconda edizione del suo Principles of political economy, pubblicato l’anno successivo il primo libro di Charlier. Questo dibattito attribuisce  chiaramente ai fourieristi la proposta di un basic income non basato sul means test: “Tra tutti i modelli di socialismo, il più abilmente combinato e con la maggiore previdenza di obiezioni è quello comunemente conosciuto come fourierismo. Questo sistema non contempla l’abolizione della proprietà privata e tantomeno dell’eredità; al contrario, esso prende in considerazione, come elementi nella distribuzione dei prodotti, sia il capitale che il lavoro. […] Nella distribuzione, un certo minimo è prima assegnato per la sussistenza di ogni membo della comunità, sia che sia idoneo o meno al lavoro. La rimanenza dei prodotti è divisa in certe proporzioni, determinate in anticipo, tra i tre elementi, Lavoro, Capitale e Talento”.

L’idea è qui chiaramente espressa  dalla penna di uno dei più influenti pensatori politici del secolo. Ma ci vorranno altri sei decenni prima che qualcosa come una discussione reale si presenti per la prima volta.

 

Yannick Vanderborght, newsletter editor, UCL, Chaire Hoover, Louvain-la-Neuve, Belgium.

David Casassas Secretary of BIEN, Universidad de Barcelona, Spain.

 

Note:

1) Thomas More, Utopia (prima edizione in latino, Louvain, 1516), traduzione in inglese di Paul Turner, Harmondsworth: Penguin Classics, 1963, p. 43-44

2) Juan Luis Vives, De Subventione Pauperum, Sive de humanis necessitatibus, 1526; traduzione tedesca da parte del Magistrato di Ypres: Secours van den Aermen, Antwerp, 1533, ristampato da Valero & Fils, Brussels, 1943, 114p.; traduzione francese di Ricardo Aznar Casanova: De l’Assistance aux pauvres, Brussels: Valero et Fils, 1943, 290p; traduzione inglese della II parte solamente di Alice Tobriner: On the Assistance to the Poor. Toronto & London: University of Toronto Press (“Renaissance Society of America Reprints”), 1998, 62p.

3) L’impatto di Vives sul pensiero delle politiche sociali è stato riconosciuto enfaticamente in Spagna, per esempio, attraverso la creazione (nel 1987) della Fundacion Luis Vives, una fondazione che supporta le ONG spagnole nell’area delle politiche sociali, con sede a Madrid e a Bruxelles (http://fundacionluisvives.recol.es/quienes.asp), o attraverso la creazione (nel 1998) dell’Instituto de Seguridad Social Juan Luis Vives, un istituto di ricerca sul welfare state presso l’Universidad Carlos III di Madrid  (http://www.uc3m.es/uc3m/inst/IUSS/dpiuss.html)

4) Condorcet, Esquisse d’un tableau historique des progres de l’esprit humain (1st edition, 1795), Paris: GF-Flammarion, 1988, p. 273-274

5) Thomas Paine 1796, p. 611; 612-613

6) Per una discussione delle proposte di donazioni di base inn connessione con il basic income, v. The Ethics of Stakeholding, Keith Dowding, Jurgen De Wispelaere, and Stuart White eds., Basingstoke: Palgrave/Macmillan, 2003; and Rethinking Distribution, Erik O. Wright ed., special issue of Politics and Society, 2003

7) Per maggiori dettagli, v. Cunliffe, John & Erreygers, Guido, The Enigmatic Legacy of Charles Fourier: Joseph Charlier and Basic Income, History of Political Economy 33(3), Fall 2001, 459-484. Da notare che questa idea della proprietà equa del valore delle risorse naturali che giustifica un basic income universale non è ristretta alla tradizione fourierista. Appare più tardi, per esempio, negli scritti sulla riforma terriera di Herbert Spencer (Social Statics, London: J. Chapman, 1851), in  quelli di Henry George (Progress and Poverty  (1879) London, : The Hogarth Press, 1953), negli scritti normativi di Leon Walras (Etudes d’economie Sociale (1896), Lausanne: Rouge; Paris: Pichon & Durand-Auzias, 1936.), e negli scritti del filosofo libertario canadese Hillel Steiner (An Essay on Rights, Oxford: Blackwell, 1994).

Tratto da Infoxoa n° 20 – ottobre 2006

 

 

 

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