Articolo pubblicato sul quotidiano Il Manifesto in occasione del seminario “Dalla commissione Onofri alla commisione Carniti, la necessaria riforma del welfare italiano e l’introduzione di un reddito garantito” promosso dal BIN Italia e tenutosi a Roma il 20 marzo 2009.
Dal globale al locale, una legge per arginare la precarietà
Una disoccupazione che cresce a macchia d’olio e che non risparmia nessuno, né i «garantiti», né gli atipici, mettendo in evidenza che in Italia le misure di tutela sociali siano del tutto inadeguate a fronteggiare la perdita del lavoro. E se in passato la famiglia è stata la rete di protezione per chi era disoccupato, con una crisi economica come quella attuale l’assenza di adeguati strumenti legislativi per fronteggiare la disoccupazione diventa il dramma quotidiano di centinaia di migliaia di uomini e donne. Dramma altresì amplificato esponenzialmente dal fatto che negli ultimi due decenni la crescita occupazionale è passata attraverso le forche caudine della precarietà. E così quando il nuovo leader del Pd Dario Franceschini ha lanciato una proposta di un assegno ai disoccupati come accade in moltissimi altri paesi europei sono stati in molti, tanto a destra che a sinistra, a gridare allo scandalo.
Il governo Berlusconi ha respinto la proposta in nome della sacralità del bilancio statale e del libero mercato; esponenti della sinistra l’hanno invece valutata negativamente perché potrebbe essere l’ennesimo cavallo di Troia da usare per continuare l’attacco ai diritti del lavoro. Più realistica è invece la legge approvata nelle scorse settimane dalla Regione Lazio che istituisce un «reddito minimo garantito» per disoccupati e per quei lavoratori, poco importa se a tempo indeterminato o «intermittenti» o a partita iva, che percepiscono salari o redditi inferiori a ottomila euro all’anno.
Una legge regionale che ha avuto un lungo iter con la partecipazione dei sindacati confederali e attivisti «di base» e contiene alcune norme valutate positivamente dai movimenti sociali. La prima è che il reddito minimo è considerato in termini monetari, ma anche come accesso privilegiato ad alcuni servizi come il trasporto o come intervento della regione nell’aiuto a pagare affitti molto alti. Infine, che il reddito minimo è misura individuale.
Al di là dell’assegno ai disoccupati di Franceschini o del reddito minimo della regione Lazio, il nodo da sciogliere è quali diritti sociali di cittadinanza (e dunque anche di quale sostegno a chi è senza lavoro o è un intermittente) rimane da sciogliere. I movimenti sociali stanno dal canto loro incontrandosi per articolare una proposta o per mettere al centro delle mobilitazioni previste a Roma per contestare la prossima riunione del G14. Tra chi propone momenti di discussione è il nodo italiano della rete europea «Basic Income Network» (Bin; sito Internet: www.bin-italia.org), che vede la partecipazione di giuristi, economisti, sociologi e attivisti e che sta discutendo attorno all’idea di un reddito di cittadinanza universale da erogare indipendentemente dal fatto di lavorare o meno. Oggi, infatti, il Bin ha organizzato un incontro di discussione a Roma dal titolo: «Dalla commissione Onofri alla Commissione Carniti: la necessaria riforma del welfare state e l’introduzione di un reddito garantito». (L’appuntamento è per le 16 a Palazzo Valentini, Via IV Novembre 119). All’iniziativa parteciperanno Luca Santini, Giuseppe bronzini, Carla Ponterio, Fausta Guarriello, Enrico Pugliese, Riccardo Faranda.