Contributo all’appello per la presa di parola sul reddito garantito.
Il Corriere della Sera.it del 6 febbraio ha pubblicato la triste storia di un artigiano veneto di 44 anni, che dopo essere stato costretto a chiudere l’azienda per la crisi, non trova lavoro nemmeno come operaio. Tenta il suicidio impiccandosi, ma la moglie lo salva in extremis e gli racconta di aver trovato lavoro come badante. Inizia invece a prostituirsi, ma viene arrestata in una retata.
Il caso dell’artigiano veneto è solo la punta di un iceberg.
Tra il 2009 e 2011 sono fallite in Italia circa 33 mila imprese, in cui lavoravano più di 300 mila persone, in base a stime di Cerved Group. Nel 2011 i fallimenti risultano più di 12 mila, con un aumento del 7,4% rispetto al 2010. Quasi la metà sono imprese del terziario, il 23% aziende dell’edilizia, il 21% società manifatturiere.
Secondo Cerved Group dal punto di vista geografico, quasi un terzo dei 33 mila fallimenti ha riguardato aziende del Nord Ovest, un quarto imprese meridionali, il 22% aziende del Centro Italia e il restante 21% del Nord Est.
Su 10.000 imprese operative il maggiore numero di fallimenti nel 2011 è stato registrato nelle province di Milano, Prato e Lodi.
In relazione all’andamento dei fallimenti nelle regioni italiane nel 2011 rispetto al 2010, il valore più elevato è stato registrato nel Molise (+39,5%), in Campania (+29,6%), nel Lazio (+23,4%). Seguono la Valle d’Aosta (11,1%), la Lombardia (+9,8%), la Puglia e la Calabria (+9,7%).
D’altra parte secondo l’Istat nel dicembre 2011 i disoccupati sono aumentati di 221 mila unità rispetto al dicembre 2010 (+10,9%), con un aumento di 20.000 unità rispetto al mese precedente.
In questo contesto nel Paese c’è necessità di una mobilitazione straordinaria ad ogni livello per rilanciare lo sviluppo e l’occupazione, sostenere l’innovazione e stimolare/attrarre investimenti locali ed esterni.
Dovrebbe però crescere anche l’attenzione, il rispetto e la solidarietà per le persone in stato di disagio estremo. C’è necessità di fronteggiare questa grande emergenza sociale con misure eccezionali e urgenti, aumentando e non riducendo la protezione sociale e preoccupandosi di ridurre anche lo spread dei diritti. L’Italia, insieme alla Grecia e all’Ungheria, risulta uno dei pochi paesi europei a non prevedere un reddito minimo garantito per tutti e ciò non è certo degno di un paese civile.