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I beneficiari delle misure di sostegno al reddito tra il 2018 e il 2020. Un’analisi sperimentale basata sull’integrazione di fonti statistiche

di Tiberio Damiani, Carlo Maria De Gregorio, Annelisa Giordano

L’Istat ha promosso e realizzato un’interessante studio, basato su dati statistici, sui beneficiari delle misure di sostegno al reddito dal 2018 al 2020. Si tratta del “Istat Workin Paper n°4/2023”. Gli autori Tiberio Damiani, Carlo Maria De Gregorio, Annelisa Giordano, forniscono così alcuni approfondimenti sull’utilizzo dei vari strumenti di sostegno al reddito introdotti tra il 2018 e il 2020. “Si analizzano in particolare le misure note con i nomi di Reddito di inclusione (erogato per la prima volta nel 2018 e poi nel 2019, con un residuo erogato anche nel 2020), Reddito e Pensione di cittadinanza (erogati dal 2019) e Reddito di emergenza (misura introdotta a seguito degli eventi pandemici ed erogata nel 2020). Si tratta di un insieme di misure di sostegno al reddito che si sono succedute nel triennio considerato, anche sovrapponendosi, e che qui vengono considerate nel loro insieme.”

Le caratteristiche dei beneficiari delle nuove misure di sostegno al reddito introdotte in Italia dal 2018 “vengono qui analizzate sfruttando le basi informative integrate disponibili presso l’Istat. Vengono in particolare analizzati i caratteri socio-demografici individuali e familiari, la condizione occupazionale prima durante e dopo l’erogazione dei benefici, i segnali di presenza nelle principali fonti che tracciano l’occupazione regolare, i segnali di occupazione non regolare, il percepimento di trattamenti previdenziali non pensionistici e di assistenza, le condizioni reddituali individuali e familiari. Il periodo osservato arriva fino al 2020. Si tratta di risultati inediti benché di carattere sperimentale, i quali propongono nuovi elementi di conoscenza sui beneficiari delle misure mostrando al tempo stesso le potenzialità dell’utilizzo integrato di fonti statistiche – come i registri e le rilevazioni campionarie dell’Istat – e fonti amministrative.”

Per scaricare e leggere la pubblicazione clicca qui

Di seguito, pubblichiamo uno stralcio del capitolo dedicato alle conclusioni della ricerca:

L’integrazione di una molteplicità di fonti ha consentito di confermare e dettagliare ulteriormente evidenze ormai note sui beneficiari delle nuove misure di sostegno al reddito e di evidenziare il circolo vizioso causato dalle condizioni di disagio che caratterizzano la popolazione coinvolta nei sussidi, riconducibili essenzialmente ai sottosistemi critici del circuito lavorativo in cui i beneficiari sono inseriti. D’altra parte l’utilizzo integrato delle fonti ha fatto emergere questioni che, seppure attuale oggetto di dibattito, fino a questo momento non sono state corroborate da dati e analisi statistiche.
In sintesi, è possibile confermare che, nonostante l’evoluzione nel tempo dei requisiti di accesso alle misure e il conseguente progressivo ampliamento della platea dei beneficiari, la popolazione dei beneficiari è rimasta nel complesso ben caratterizzata, per struttura, condizione lavorativa e sotto il profilo reddituale: è una popolazione dove è maggioritaria la presenza di residenti nel Mezzogiorno, relativamente giovane e con molti minori, in possesso di titoli di studio modesti; con molti disoccupati e inattivi grigi, con storie lavorative segnate da occupazioni precarie in sottoinsiemi piuttosto circoscritti di professioni poco qualificate e poco retribuite, dove la componente di lavoro sommerso è piuttosto elevata e la ricerca di lavoro ancora affidata a reti informali, con una rilevanza dei Centri per l’impiego che rimane insufficiente. Sono caratteri strutturali, densi di fragilità e di informalità, che aiutano a spiegare anche i tassi di irregolarità molto superiori alla media che connotano l’occupazione dei beneficiari.
Si tratta peraltro di un’occupazione con segnali più frequenti di accesso alle indennità di disoccupazione, e dunque di fragilità. La popolazione identificata dall’accesso alle misure ha visto  progressivamente peggiorare la propria condizione lavorativa, e nell’anno di percepimento delle misure ha fatto riscontrare i livelli più bassi dei già modesti tassi di occupazione registrati negli anni immediatamente precedenti. Vale però la pena rimarcare che il calo dell’occupazione nell’anno di percepimento del beneficio sembra aver riguardato in maniera significativa la componente non regolare, fino a rappresentare la quasi totalità della riduzione degli occupati non regolari misurata nel 2019 rispetto all’anno precedente.

Gli spunti e le opportunità di approfondimento e miglioramento dell’informazione prodotta sono moltissimi. Ciò vale anche per la scelta degli strumenti messi in campo: l’utilizzo della lettura in è infatti cruciale per capire chi sono e chi erano nel recente passato i beneficiari. Un punto di partenza dunque decisivo per comprendere in quale direzione concentrare gli sforzi di approfondimento e di intervento. In particolare, la ricerca delle tracce di occupazione e disoccupazione può essere estesa e portata ulteriormente all’indietro, soprattutto contando sull’intero archivio dei beneficiari.
Il maggiore dettaglio sulle posizioni lavorative, del resto, è un passaggio fondamentale per riuscire a comprendere la relazione tra “lavoro povero” – che sicuramente ha caratterizzato gli occupati prima dell’accesso ai sussidi (ma anche durante e dopo) – e condizioni di disagio e vulnerabilità economica. Lavoro povero, in settori critici, con margini di informalità, spesso “nero” e malpagato, contratti sfavorevoli: la qualità dell’occupazione –pur in presenza di deficit formativi importanti – potrebbe dunque essere da un lato la chiave per interpretare le caratteristiche e l’origine di questa sottopopolazione e, dall’altro, può anche indicare la possibile via di uscita, duratura, da condizioni di disagio e vulnerabilità.

Fonte Istat

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