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Il reddito di cittadinanza nell’Unione Europea. Tesi di Laurea Unversità La Bicocca

di Riccardo Cesari

Tesi di Laurea dal titolo “Il reddito di cittadinanza nell’Unione Europea” per l’Università Statale La Bicocca.

Introduzione

Il comma terzo dell’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nota anche come Carta di Nizza, recita:

Al fine di lottare contro l’esclusione sociale e la povertà, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto dell’Unione e le legislazioni e prassi nazionali”.

Con il Trattato di Lisbona (art. 6 TUE) è stato deciso che tale Carta abbia la stessa valenza giuridica dei trattati dell’UE; i suoi contenuti dunque sono ora vincolanti per i Paesi che l’hanno sottoscritta: essi hanno l’obbligo di garantire tali diritti.

Se il concetto di povertà è universalmente noto e non è necessario soffermarvisi, d’altra parte bisogna chiarire cosa si intenda per “esclusione sociale”: essa rappresenta la condizione di chi, come i disoccupati e i disabili, non può godere dei benefici del sistema di assicurazione sociale riservato ai lavoratori e si ritrova perciò escluso dal corpo sociale, ed emarginato.

Inoltre vi è la necessità di stabilire cosa si intenda per “esistenza dignitosa”. Di certo non ci si può limitare a garantire la mera sopravvivenza: per poter essere considerata degna, dal punto di vista lavorativo, la vita di un individuo deve essere contraddistinta da un impiego che soddisfi le sue aspettative e sia in linea con il percorso formativo affrontato, oltre ovviamente ad assicurare uno stipendio che sia adeguato al proprio ruolo e che, qualunque questo sia, permetta di condurre un’esistenza serena e senza eccessive preoccupazioni per il futuro. Sfortunatamente, stiamo vivendo una situazione che sembra puntare all’esatto opposto: assunzioni a tempo determinato, precariato e disoccupazione sono sempre più diffuse, specialmente tra i giovani. Il posto fisso è ormai una chimera, in un mondo del lavoro post-fordista nel quale flessibilità, disponibilità a spostarsi e capacità di adattamento sono diventate fondamentali. Vi è dunque la necessità che anche i sistemi di welfare siano riformati e adattati alla nuova realtà.

Uno strumento che, se implementato nel modo giusto, permetterebbe di fare grandi passi avanti in tale direzione è il reddito di cittadinanza. Ne esistono molte varianti (che procederemo ad analizzare), ma in generale si tratta di un “reddito attribuito su base universale e incondizionata da parte di un’autorità pubblica a tutti i cittadini di una determinata comunità politica, diretto a garantire le basi di un’esistenza libera e dignitosa”[1]. Una misura di questo genere, oltre a garantire a tutti protezione dall’esclusione sociale e dalla povertà, assicurerebbe ai cittadini quella “flexicurity[2] tanto auspicata dall’UE, ossia un equilibrio tra le esigenze di flessibilità del mercato del lavoro e quelle di sicurezza esistenziale delle persone: il reddito di cittadinanza, infatti, andrebbe ad agire da “cordone di sicurezza” durante il periodo di ricerca di un nuovo impiego, compito che gli attuali sistemi di welfare, come i sussidi di disoccupazione, faticano a svolgere in modo soddisfacente. Ovviamente la misura in questione ha dei costi notevoli, specialmente in un momento come questo, caratterizzato da forti deficit dei bilanci pubblici e da contrasti tra i diversi Stati dell’Unione: un reddito di cittadinanza su base europea, erogato a tutti i cittadini dei Paesi membri indipendentemente dalla condizione economica delle loro famiglie e dall’essere occupati o meno, aumenterebbe considerevolmente la coesione all’interno dell’UE e sarebbe indubbiamente un’ulteriore spinta all’auspicabile unificazione politica dell’Europa, ma al momento attuale appare più un’utopia sociale che un progetto realisticamente realizzabile.

Spostandoci su un piano più pragmatico, vi sono tuttavia varianti del reddito di cittadinanza descritto sopra che possono rappresentare soluzioni concrete e realizzabili a problemi quali povertà ed esclusione sociale, che sono all’ordine del giorno nella società attuale, nella quale vi sono individui che non dispongono di risorse sufficienti nemmeno a garantire il sostentamento a se stessi e alle proprie famiglie. E questa situazione appare non ammissibile in una società democratica e avanzata come quella europea. In varie forme, il reddito di cittadinanza è perciò attualmente adottato in tutti gli Stati dell’Unione, ad eccezione esclusivamente di Italia e Grecia.

Nelle pagine che seguono procederemo innanzitutto ad un’analisi generale di questo strumento di welfare, per poi concentrarci prima sul quadro europeo e infine più specificamente sulla situazione italiana.

[1] G. Bronzini, Il reddito di cittadinanza, Torino, 2011, p. 119.

[2] Con il termine flexicurity si fa riferimento a una formula istituzionale con la quale si intende riassumere, unendo i termini flexibility e security, la filosofia perseguita dall’Unione Europea di mediazione tra le esigenze di flessibilità nel mercato del lavoro e quelle di sicurezza esistenziale delle persone.

 

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