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Studio della Banca Mondiale sostiene un reddito minimo garantito

La Banca Mondiale ha pubblicato un documento di analisi, pubblicata il 20 aprile 2018, dal titolo “La natura mutevole del lavoro”, in cui un reddito minimo garantito è proposto come la politica che deve “essere letta attraverso la lente dell’universalismo progressivo’”. Questo processo verso un sistema universale dovrebbe dipendere, secondo gli analisti della Banca Mondiale, da una “assicurazione sociale di base” e ai “mercati del lavoro flessibili”, in una relazione che non farebbe a meno, dei programmi di assistenza sociale. La ragione per mantenere l’assistenza sociale è, in questo contesto, quello di “dare la priorità a coloro che si trovano nella parte inferiore della distribuzione del reddito”. Anche se questo potrebbe essere diverso dal principio del reddito di base (incondizionato ed universale), gli analisti della Banca Mondiale considerano importante identificare prima di tutto coloro che “sono i più vulnerabili, dove vivono e quanto sono vulnerabili”. Per affrontare le crescenti disuguaglianze e i profondi cambiamenti nella natura del lavoro nei prossimi decenni, schemi di reddito di base sono analizzati in questo rapporto con i diversi “pro e contro”, ma che “possono essere utili per affrontare le sfide nei programmi di copertura e di implementazione”. I vantaggi indicati si riferiscono ad una maggiore copertura della platea e ad una ridotta stigmatizzazione delle persone, ma allo stesso tempo vengono messe in guardia le nuove possibili sfide amministrative e di finanziamento. La relazione sottolinea la necessità di allentare le rigide norme del lavoro, affermando che “sistemi di protezione sociale più forti possono andare di pari passo con mercati del lavoro più flessibili”.  Secondo la Banca Mondiale, i costi del lavoro dovrebbero generalmente scendere (compresi i sussidi di disoccupazione e i salari minimi), associati a una “riforma dell’assistenza sociale e dei sistemi assicurativi”. D’altra parte, il reddito di base – nella relazione spesso definito come “minimo garantito” – “può anche migliorare i possibili disincentivi al lavoro”. Ciò è chiaramente connesso alle cosiddette “trappole della povertà” dell’assistenza sociale. È anche collegato a costi amministrativi ridotti. Inoltre, il rapporto riconosce l’importanza di mantenere i servizi di welfare tipici, come la salute pubblica e l’istruzione, e di prestare attenzione a eliminare i benefici esistenti, in quanto alcuni non sono così inclini a essere immediatamente sostituiti da un reddito di base. Da un punto di vista della definizione, gli analisti della Banca Mondiale dicono che il reddito di base “è un processo che serve prima per i poveri, riconosce che una copertura più ampia è auspicabile (…) e consente ai paesi di recuperare i benefici dai ricchi.”

Inoltre, per ragioni finanziarie, il rapporto consiglia ai paesi a basso reddito di aumentare la copertura dei programmi esistenti, invece di optare in questo momento per un reddito di base. Per quanto riguarda il finanziamento, un accento particolare è posto sulla tassazione delle “società superstar”, per la loro capacità di sfuggire alla tassazione attraverso reti e paradisi fiscali, oltre a livellare le basi fiscali tra di loro (ad esempio: Google, Facebook e altri, che di solito sono meno gravati di altre società) con altre società e imprese. L’eliminazione dei sussidi energetici, l’introduzione o l’espansione delle tasse sul carbone e l’imposizione di imposte sulle successioni o sulle proprietà sono anche possibili vie per finanziare il “nuovo contratto sociale”, come previsto dagli analisti della Banca Mondiale.

Per scaricare il file in pdf e leggere lo studio (in inglese) clicca qui

 

 

 

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