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Papa Francesco si interessa al reddito per tutti

di Sandro Gobetti

Papa Francesco il 27 maggio 2017 ha voluto incontrare i lavoratori dell’Ilva di Genova. Un incontro importante per un settore che continua a mietere vittime, ristrutturazioni e licenziamenti. Però il Papa ha voluto portare in quell’assise piena di lavoratori col caschetto giallo o blu, un tema caldo del nostro tempo, quello del reddito garantito. “La soluzione non è un reddito per tutti, ma un lavoro per tutti, perché è il lavoro che dà dignità”. Ed ecco che la notizia non diventa più il Papa accanto alle ragioni dei lavoratori, ma il Papa contro il reddito per tutti. Ma perché questa mossa del Papa argentino, sempre così attento ai poveri tanto da chiamarsi Francesco?

Se dovessimo leggerla con un approccio malizioso potremmo dire, come qualcuno ha pensato, che il Papa è entrato a gamba tesa nel dibattito politico italiano. Ha in sostanza sostenuto le tesi del “lavoro di cittadinanza” di Renzi contro le tesi del “reddito di cittadinanza” dei 5 stelle e poi a Genova, nella città del loro fondatore. Se fosse così bisognerebbe ricordare al Papa che il suo ruolo è anche quello di Capo di uno Stato estero e che entrare e piè pari in una campagna elettorale di un paese straniero non è una mossa diplomaticamente azzeccata. Ma il Papa si sa, ed in particolare Francesco, non è attento a queste sottigliezze diplomatiche. Dunque se fosse cosi è evidente che così come sul divorzio, sulle unioni civili e tanti altri temi, il Vaticano di tanto in tanto decide di schierarsi ed a leggerla con gli “occhiali della malizia”, sembrerebbe aver dato un endorsment al PD di Matteo Renzi. Ma Papa Francesco, proprio perché non è uomo da farsi suggerire errori del genere, probabilmente a questa opzione, a questo endorsment non ha pensato.

Di certo non può essere un’articolazione del vecchio adagio “tu lavorerai con sudore, tu partorirai con dolore” destinato agli uomini ed alle donne figli del peccato originale. Se fosse cosi non vi sarebbe dignità alcuna nel lavoro ma piuttosto una pena da espiare. Cosi come non può non aver pensato che il lavoro è parte dei processi di sviluppo, di sistemi di accumulazione, di arricchimenti  e profitti (tanto che lui stesso chiama “commercianti” gli “imprenditori che non fanno bene il loro mestiere”). Ed attento come è alle questioni ambientali, Papa Francesco, tra le puzzolenti ed inquinanti fabbriche sparse nel mondo che procurano disastri ambientali ed il lavoro, cosa sceglierebbe? Ed ancora, tra un lavoro che le persone sono “obbligate a fare per sopravvivere” ed un lavoro liberamente scelto, Papa Francesco quale dei due sosterrebbe? E se fosse proprio il reddito garantito a permettere la “non ricattabilità della sopravvivenza” e dunque la “libera scelta” del lavoro da svolgere, sarebbe ancora così deciso nel contrapporre reddito a lavoro, reddito a dignità? Ed ancora, sicuramente Papa Francesco conosce perfettamente la nuova rivoluzione tecnologica di questa epoca, che produrrà evidentemente grandi trasformazioni e cambiamenti proprio nel mondo del lavoro lasciando indietro molti ma allo stesso tempo aprendo a nuovi scenari di opportunità. Non sarà forse proprio il reddito garantito ad essere la prima e più importante misura affinchè non vi siano milioni di nuovi poveri nei prossimi decenni?

Oltretutto avendo parlato a lavoratori di questo paese, forse Papa Francesco, non ha tenuto conto dei milioni di precari che non hanno alcun diritto, alcun sostegno al reddito e che tra meno di 10 anni, la prima generazione precaria italiana non avrà neanche uno straccio di pensione a cui far affidamento. E che sarà dunque necessario un reddito per tutti per evitare un ulteriore spaventoso default sociale.

Dunque perché l’ha detta cosi grossa? Potremmo pensare che vista la crisi del welfare e la sua totale privatizzazione, vi è oggi una partita da giocare, quella della gestione delle povertà. L’idea potrebbe essere quella di voler partecipare, da vincenti, ad un sistema di governance delle povertà di cui la Chiesa si intesta la responsabilità monopolizzatrice. D’altronde quello che si va predisponendo, dal punto di vista politico nel nostro paese (e non solo), è proprio una “nuova” politica delle povertà. Dal decreto Minniti al reddito di inclusione, ci sembra che questo paese abbia rinnovato le politiche Vittoriane delle Poor Laws. Vagabondi in galera, poveri in mano alla Chiesa e alle organizzazioni di charity, da destinare in sostanza a lavori umili ed obbligatori. Non è forse questo il disegno che si va compiendo in questo paese? Non è forse questo il “core business” del reddito di inclusione che prevede appunto che siano organizzazioni come il Terzo Settore (anche dopo la firma del protocollo con l’Alleanza contro la povertà in cui una parte le fanno organizzazioni cattoliche) a “gestire” i beneficiari di questo sostegno al reddito? D’altronde parte del protocollo sottoscritto indica proprio una percentuale del fondo contro la povertà “da destinare a chi promuove progetti di inclusione”. Ma possibile che Papa Francesco, che ha a cuore il destino dei poveri, sostenga un disegno di tale portata? Quello che indica in sostanza nei poveri un’emergenza su cui fare profitto, mascherandola da carità ed “inclusione”? Di certo non un modello che garantisce dignità. Sicuramente Papa Francesco se conoscesse meglio cosa si sta costruendo sulla questione povertà nel nostro paese avrebbe ben ragione ad intervenire a gamba tesa! Forse il Papa intendeva dire al Governo italiano che non è col reddito di inclusione così come congegnato che si sostiene la dignità? Visto che appunto la miseria del finanziamento al contrasto della povertà (solo 1,7 miliardi) coprirà meno della metà del numero dei poveri assoluti creando una ulteriore guerra tra poveri, tra chi avrà accesso e chi no? Senza per nulla intervenire sulla povertà relativa che con il passare del tempo sempre più finisce per alimentare il bacino dei poveri assoluti? Forse il Papa allora intendeva dire che non è con questa gestione, con questa idea di rilancio delle Poor Laws di epoca Vittoriana di 200 anni fa, che si combatte l’attuale crisi sociale?

Forse la questione potrebbe essere ridotta, concedendo a Francesco la “buona fede”, nel semplice ripetersi di un luogo comune. Qualcosa di meno teologico, di meno filosofico, di meno politico e cioè qualcosa di molto più terreno. Un po’ come quelli che dicono “se gli dai i soldi ai disoccupati non vanno più a lavorare”. Un luogo comune tipico di chi si confronta con il tema del reddito garantito per la prima volta. D’altronde questo Papa ha scelto la “via terrena” più che spirituale per approcciare ad alcuni temi. Basti ricordare la sua boutade nel 2015 quando disse “se qualcuno offende mia madre gli do un pugno”. Frase che poi lo portò a correggere il tiro successivamente ma che appunto ricorda più un giovanotto che fa chiacchiere con gli amici al bar beandosi dei suoi “sani principi”. Una cosa da “uomini terreni” dunque, senza alcun retrogusto se non quello del classico gioco dei luoghi comuni spesso necessari a “ridurre le distanze” tra le persone… come quando in ascensore si parla del tempo insomma. Una dichiarazione da “inesperto” del tema dunque, cercando la frase ad effetto che le contrapposizioni spesso creano, un tema che sembra in verità non aver mai approcciato in maniera approfondita (se possiamo gli consigliamo un confronto con il BIN Italia la rete italiana per il reddito sicuramente disponibile ad informarlo al meglio), che non conosce la proposta del reddito garantito e non conoscendola non trova l’immediata connessione al concetto di dignità umana. Che diciamolo, va ben oltre la sola condizione del lavorare! E di certo Papa Francesco questo lo sa …

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