Ieri, nella sua lettera periodica in cui informa i cittadini europei, Charles Michel, presidente del Consiglio UE fa il punto di quanto è stato fatto per contrastare il virus, ed esordisce “La seconda ondata del COVID-19 è ora su di noi. Ancora una volta l’intera Europa è colpita. Nello spazio di poche settimane, la situazione è aumentata rapidamente da preoccupante ad allarmante. Ora dobbiamo evitare una tragedia”. E più avanti riconosce “At European level, this plan of action has not achieved the desired results.”, al livello europeo questo piano di azione non ha raggiunto i risultati desiderati.
Nella conferenza stampa di qualche ora fa Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, ha dichiarato: “La situazione relativa alla COVID-19 è molto grave. La risposta dell’UE deve essere più forte. Oggi variamo ulteriori misure di lotta contro il virus che vanno: da un maggiore accesso ai test rapidi all’agevolazione degli spostamenti in sicurezza, in caso di necessità, passando per la preparazione delle campagne di vaccinazione. Invito gli Stati membri alla massima collaborazione. Agendo oggi con coraggio contribuiremo a salvare vite umane e a proteggere posti di lavoro. Nessuno Stato membro uscirà in sicurezza da questa pandemia se non insieme a tutti gli altri.”
Nel suo discorso al G30 International Banking Seminar, tenuto dieci giorni fa a Francoforte, Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, ha detto “Si confronti ciò che abbiamo visto nella prima metà di quest’anno con ciò che abbiamo visto nei sei mesi successivi alla crisi Lehman Brothers. Dal terzo trimestre del 2008 al primo trimestre del 2009, i servizi hanno contribuito con -1,7 punti percentuali alla recessione nell’area dell’euro e il settore manifatturiero ha contribuito con -2,8 punti percentuali. Ma nella prima metà di quest’anno la perdita è stata di -9,8 punti percentuali per i servizi e solo -3,2 punti percentuali per la produzione. Ciò ha implicazioni per la tenuta del mercato del lavoro, la forza della ripresa e gli effetti distributivi della recessione.
In primo luogo, i servizi sono la parte più ricca di posti di lavoro dell’economia, rappresentando quasi il 75% dell’occupazione nei paesi dell’area dell’euro, e mettono a rischio una quota maggiore della forza lavoro. In secondo luogo, la ricerca rileva che la ripresa da una recessione guidata dai servizi può essere più lenta rispetto a una recessione guidata dai beni durevoli, poiché [nel periodo più acuto della crisi ndr] quest’ultima crea una domanda più bassa attraverso acquisti differiti. In effetti, la domanda di beni di consumo nell’area dell’euro si è attenuata nei mesi estivi dopo essersi ripresa brevemente in maggio e giugno, confermando l’assenza di una domanda bassa diffusa.
In terzo luogo, una recessione guidata dai servizi, in particolare quella guidata dal distanziamento sociale nei settori ad alto contatto, tende ad aumentare la disuguaglianza. Al culmine della crisi, il 40% del reddito degli europei più poveri proveniva da settori pesantemente colpiti dal COVID-19, rispetto al 16% dei più ricchi. Secondo una stima, due mesi di blocco seguiti da sei mesi con l’economia che opera all’80% della capacità potrebbero aumentare il coefficiente di Gini di quasi il 14% in Europa[1]. E questo ha una retroazione negativa sulla ripresa, poiché le famiglie a basso reddito hanno una maggiore propensione al consumo.”
Lagarde dice pure che il crollo del fatturato, delle imprese e dell’occupazione nei servizi sarà recuperato solo in parte, perché, anche se c’è sempre una certa rotazione delle imprese durante le recessioni, con la pandemia la situazione è diversa: si sta accelerando la diffusione già preesistente della digitalizzazione in modi che sembrano destinati a rimodellare permanentemente le nostre economie e le nostre società.
Quindi c’è bisogno di politiche microeconomiche che sostengano la creazione di imprese nuove e innovative, che sono quelle che creano il maggior numero di posti di lavoro, ma devono essere condotte insieme a politiche macroeconomiche finalizzate a sostenere la domanda, senza le quali anche la ripresa delle economie è in pericolo e le disuguaglianze si aggravano. E poi, come sostiene sempre Lagarde nella sua intervista a Le Monde: “Mais aujourd’hui, nous sommes dans un paradigme différent.”
Sembra che sia arrivato il momento, soprattutto con la seconda ondata della pandemia che sta flagellando l’Europa intera, per l’introduzione di una misura di reddito di base universale e incondizionato al livello europeo, in aggiunta alle politiche fiscali promosse da ciascuno Stato membro. Una misura all’altezza della sfida.
La Banca Centrale Europea potrebbe effettuare un trasferimento monetario mensile a tutti i cittadini europei, o a quelli che hanno un conto corrente, che sono circa il 78% del totale, per un importo di 600 euro, per un periodo di tre anni. Passato il primo periodo d’imposta per i cittadini che hanno un reddito superiore a un certo livello il trasferimento percepito sarebbe compensato nella dichiarazione dei redditi, e si tradurrebbe in una entrata per l’erario di ciascuno Stato membro.
Il costo dell’operazione, con questi parametri, si aggira sui 3.000 miliardi all’anno, che non è certo poco (se non fosse che si possono creare dal nulla), ma si trasformerebbe in una iniezione di denaro nelle economie senza nessuna intermediazione a sostegno dei consumi di base per i più poveri e come strumento di piccola liquidità transitoria per professionisti o piccoli imprenditori in difficoltà. Già dal secondo anno una quota sostanziosa rientrerebbe nelle casse degli Stati.
La proposta è molto grezza, ma potrebbe essere migliorata per gli aspetti tecnici, come il livello del reddito oltre il quale il contributo viene recuperato, del tutto o pro-quota, l’eventuale definizione di una età minima, eventuali correttivi per nuclei numerosi, eventuali parametri di riparto per paesi, come per esempio i criteri[2] utilizzati per Next Generation EU, gli strumenti che garantiscano l’accesso (per esempio la diffusione di un conto bancario per il 22% degli europei che ancora non lo ha). Non dovranno essere utilizzati invece altri criteri come la prova dei mezzi, la posizione lavorativa dei percettori, l’attivazione nel mercato del lavoro, costosi sistemi di controllo o altri elementi che comportino condizionalità, discrezionalità e rallentamenti nell’erogazione.
Le piazze di questi giorni a Napoli, Milano, Torino, manifestano concretamente l’effetto dell’analisi di Lagarde: operatori dei servizi, nel senso più esteso del termine, già gravemente colpiti nella prima ondata che rivendicano “se ci chiudi ci paghi” perché “a salute è a primma cosa, ma senza sorde nun se cantano messe”. Ma la risposta non dovrebbe essere diciannove forme di ammortizzatori sociali diversificate per le diverse categorie come è stato con il decreto cura Italia e poi con il decreto rilancio.
Il governo italiano ha annunciato ieri il Decreto legge “ristori” emanato con rapidità dopo il Dpcm del 24 ottobre che stabilisce nuove misure restrittive per le attività economiche. Fra i provvedimenti a supporto dei redditi, oltre quelli diretti alle imprese costrette a chiudere, compaiono la proroga della cassa integrazione, una indennità di 1.000 euro per tutti i lavoratori autonomi e intermittenti dello spettacolo, proroga della cassa integrazione e indennità speciali per il settore del turismo, la proroga di due mensilità del Reddito di emergenza, l’indennità da 800 euro per i lavoratori del settore sportivo.
In risposta a una domanda in conferenza stampa Conte ha affermato che né in questa occasione, né nella manovra prevista per il 2021 si prevede di introdurre una mini-patrimoniale, perché fin dall’inizio dell’emergenza si è detto che non si sarebbero aumentate le tasse.
A questo proposito ricordiamo che ieri c’è stato anche l’annuncio del progetto di bilancio del governo spagnolo, che rappresenta “il maggior investimento pubblico della storia: 239.765 milioni di euro, il 10,3% in più dell’anno passato. Questo importo contiene un’anticipo dei 27.000 milioni provenienti dai fondi europei, che si impiegheranno grazie al Plan de Recuperación, Transformación y Resiliencia. … gli stipendi degli impiegati pubblici e le pensioni saranno incrementati del 0,9%, in linea con le previsioni dell’inflazione, in modo da permettere il mantenimento del potere d’acquisto. Inoltre, le pensioni non contributive cresceranno del 1,8%, e si destineranno più di 3.000 milioni di euro al Reddito minimo vitale”. Si prevede un aumento delle imposte pari al 13%, anche mediante l’incremento di 2 punti della base imponibile per redditi superiori a 300.000 euro e di 3 punti della base delle rendite patrimoniali superiori a 200.000 euro. Queste ultime misure colpiranno lo 0,17% dei contribuenti e genereranno 144 milioni nel 2021 e 346 nel 2022. Si incrementa inoltre dal 2,5% al 3,5% l’imposta sui patrimoni superiori a 10 milioni di euro, e si stima un gettito pari a 339 milioni destinati alle Comunità Autonome. In definitiva meno di un milione di euro a fronte di un incremento complessivo delle imposte di 25 miloni.
Ma come si ricorda ancora oggi sul Financial Times “Il problema è che il quarto trimestre sembra un disastro”, ha affermato Lucrezia Reichlin, professoressa di economia alla London Business School ed ex capo della ricerca presso la BCE. “Dobbiamo evitare gli errori del Giappone e questo significa fare di più sulla politica fiscale e monetaria in modo concertato”. Sebbene la politica monetaria “abbia un effetto molto chiaro sulla riduzione dello spread [il divario nei tassi sui prestiti tra prestatori più rischiosi e più sicuri]”, la Reichlin ha avvertito che “c’è un grande punto interrogativo su quanto questo si traduca in una maggiore inflazione“. E ancora “Tuttavia, l’obiettivo principale della BCE è raggiungere la stabilità dei prezzi, che definisce come un’inflazione prossima ma inferiore al 2 per cento. Non è riuscita a raggiungere questo obiettivo per anni, nonostante l’acquisto di migliaia di miliardi di euro in obbligazioni e il taglio dei tassi di interesse in territorio negativo. … se la banca centrale vuole evitare di essere intrappolata in una spirale deflazionistica, gli economisti dicono che potrebbe aver bisogno dei governi per fornire ancora più stimoli fiscali.”
Le politiche di bilancio espansive degli Stati si stanno muovendo in una direzione un po’ più giusta, ma non sono affatto sufficienti, se facciamo parte di una Unione l’Unione deve muoversi, e c’è bisogno di un intervento della Banca Centrale per sostenere i redditi, e quindi la domanda e quindi l’inflazione.
C’è un cambio di paradigma, dobbiamo evitare una tragedia, è necessario un cambio complessivo di mentalità.
Una rassegna su Helicopter money e reddito di base è stata pubblicata su Transform a cura di Giuseppe Allegri. Di ipotesi per finanziare quote di reddito di base avevo parlato in Patto sociale di stabilità e reddito di base: è quello che serve ora, che contiene anche una proposta facile facile per riformare il Patto di stabilità e crescita.
La misura della BCE potrebbe essere denominata MAS, che non è un acronimo, ma la diminuzione di Masaniello[3], d’altronde c’è già il PEPP[4].
[1] Palomino, J. et al. (2020), Inequality and poverty effects of the lockdown in Europe, VoxEu, June. L’indice di concentrazione di Gini è la misura sintetica del grado di diseguaglianza della distribuzione del reddito: è pari a 0 nel caso di una perfetta equità della distribuzione, è invece pari a 1 nel caso di totale diseguaglianza ovvero massima concentrazione.
[2] Secondo il testo del Regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza, ancora in corso di negoziato, i criteri sono: Popolazione, l’inverso del Pil procapite, la media del tasso di disoccupazione 2015-2019 comparato con la media EU, la caduta del PIL nel 2020 e nel 2021.
[3] Masaniello (soprannome di Tomaso Aniello) capopopolo napoletano (Napoli 1620-ivi 1647). Allo scoppio della rivolta napoletana del 7 luglio 1647 M. era a capo di alcuni ragazzi, appartenenti alla compagnia degli Alabardi, riuniti in piazza Mercato per festeggiare, in una battaglia simbolica, la vittoria contro i turchi. Quel giorno i bottegai si rifiutarono di pagare la gabella sui frutti imposta dagli spagnoli: ne nacque un tafferuglio che sollevò a rumore tutti i quartieri popolari adiacenti al mercato. I rivoltosi, guidati da M. e da altri capi popolani, invasero la reggia, forzarono le carceri, distrussero gli uffici daziari. Successivamente, scomparsi dalla scena, per vari motivi, gli altri capi, M. restò padrone del campo: pronunciò sentenze, organizzò la milizia popolare. Un attentato contro di lui fallì il 10 luglio, e ne accrebbe il prestigio: sicché il giorno successivo il viceré, dopo avere invano tentato di corromperlo, dovette riconoscere M. «capitan generale del fedelissimo popolo napoletano». Fu ucciso nel corso di un secondo attentato, il 16 luglio, dieci giorni dopo l’inizio della rivolta. (Treccani).
Aurelio Musi autore del saggio Il “masaniellismo” e la degradazione di un mito (Rubbettino) e della monografia Il Regno di Napoli (Morcelliana), lo presenta come l’apripista di un modo di interpretare la democrazia derivata dal populismo violento (poi dai molti emuli), riaffermando specificità e centralità della sua rivolta dalle prevalenti caratteristiche urbane. Insomma: «Le ragioni della sua tenuta e della sua sconfitta, come ben videro i contemporanei, furono da ricercarsi nelle vicende napoletane». La rivolta fallì, ma dopo la storia del Regno non fu più come prima: «Napoli, pur con le sue contraddizioni, si muoveva sull’onda storica dell’Europa». Avvenire Anniversario. Masaniello a 400 anni dalla nascita: chi era costui?.
Sabato 24 ottobre c’è stata a Napoli una manifestazione nata dalla situazione di disagio di molti operatori economici colpiti dalle misure anti Covid, sfociata in scontri con la polizia sotto la sede dell’amministrazione regionale, probabilmente a causa dell’infiltrazione di gruppi interessati a creare disordini. Per molti aspetti una rivolta “masaniellana”.
[4] Il Programma di acquisto per l’emergenza pandemica: https://www.bancaditalia.it/media/bce-comunicati/documenti/2020/20200318_ECB_PEPP-IT.pdf