articolo tratto da Voci Sinistre, buona lettura
Abbiamo tradotto questo articolo dell’economista britannico Guy Standing, pubblicato il 1 Luglio 2020 sul sito inglese idler.co.uk. Sebbene l’autore affronti la questione da una prospettiva inglese, il reddito di base inizia a essere un tema caldo in ogni paese del mondo.
Quando, un secolo fa, l’influenza spagnola uccise oltre 40 milioni di persone in tutto il mondo, all’indomani vi fu una piccola crisi economica. Oggi, mentre dobbiamo sperare che il bilancio delle vittime del Coronavirus si riveli significativamente inferiore, la crisi economica che seguirà sarà di gran lunga peggiore o, perlomeno, rischia di esserlo, e a giudicare da ciò che i governi hanno fatto fin qui, effettivamente sarà.
Il motivo principale è che l’attuale sistema economico è estremamente fragile, conseguenza di un’era governata dall’imperativo del libero mercato, in cui le riforme hanno permesso a una parte sempre maggiore di guadagni e ricchezza di finire nelle mani dei padroni di proprietà fisiche, finanziarie e “intellettuali”. Ciò che è meglio conosciuto come capitalismo di rendita ha condotto a tre risultati chiave che rispecchiano l’odierna fragilità.
Primo: il debito privato e familiare non è mai stato così alto in tutto il mondo. Negli USA è oltre il 150% del reddito nazionale, più elevato di quanto non fosse durante la Grande Depressione. Nel Regno Unito, il debito personale non garantito è cresciuto in maniera implacabile negli ultimi dieci anni, attestandosi a oltre 400 miliardi di sterline, il doppio rispetto all’inizio del secolo. Anche il debito familiare è più che raddoppiato. L’anno scorso, ben prima che il virus colpisse, l’Office for Budget Responsibility ha previsto che il debito familiare totale potrebbe superare i 2,4 trilioni di sterline dal 2023-24, oltre 86 mila sterline a famiglia.
L’indebitamento privato è cresciuto ancor più velocemente nei paesi in via di sviluppo, arrivando al 170% del prodotto interno lordo (PIL). Ciò sta a significare che anche una modesta recessione economica porterà milioni di persone all’impossibilità di saldare i propri debiti. Molte altre perdono la loro casa, finiscono per strada, soffrono di malattie sociali e di mortalità crescente, forse andando a sovrastare il numero di morti a causa del virus. La loro stessa esistenza contribuirà al diffondersi della pandemia.
Secondo: anche le aziende sono sommerse dai debiti; molte andranno in bancarotta. Non potranno essere salvate da agevolazioni fiscali e ulteriori crediti; esse necessitano di persone che possono e vogliono acquistare i loro prodotti. Terzo, sintomatico delle tendenze governative: al settore finanziario è stato permesso di espandersi esageratamente. Attualmente, in Gran Bretagna, rappresenta circa il 300% del reddito nazionale; nel 1980 era appena il 100%. Anche negli altri paesi è esteso, sebbene in media non così tanto. Gran parte di ciò che entra nei mercati finanziari sono speculazioni, con pochissimi legami con la produzione di beni e servizi fondamentali. È una bolla enorme e sappiamo tutti cosa succede quando le bolle diventano troppo grandi.
In aggiunta a questi tre indicatori di fragilità economica, il precariato è cresciuto a tal punto da trasformarsi facilmente nella classe sociale più grande, composta da persone che vivono vite frammentate, con redditi bassi e non garantiti, con scarso accesso a sussidi sicuri e senza diritti sociali, economici e culturali. E crescerà ancora nei mesi a venire.
Come sostengo in un nuovo libro, in uscita questa settimana, la strada verso una Buona Società era già stata sbarrata da otto giganti: Disuguaglianza, Insicurezza, Debito, Stress, Precarietà, Robotizzazione avanzata, minaccia di Estinzione e deriva verso un Populismo Neofascista. Il Coronavirus è il nono.
E proprio qui arriva l’occasione. Possiamo lottare e indebolire questi giganti. L’unica risposta economica ragionevole a questa pandemia e all’incombente tracollo economico è fornire maggiore resilienza alla gente comune. L’unico modo ragionevole, equo ed efficace per far ciò è dare a ognuno un modesto e regolare reddito di base, come un diritto, pagato a ogni residente legale in Gran Bretagna, senza ridicole condizioni come con l’Universal Credit, la politica sociale più vendicativa del secolo scorso.
Un reddito di base modesto è decisamente conveniente. Pensiamo ai miliardi versati nel mercato finanziario. Pensiamo al fatto che, ogni anno, il Ministero del Tesoro gestisce oltre 1100 tipi di sgravi fiscali volti a favorire le aziende ad alto reddito, per un totale, stando ai dati forniti dal governo, di 400 miliardi di sterline. Come mostrato altrove, non c’è alcun bisogno di alzare l’aliquota standard dell’imposta sul reddito per dare a ognuno 100 sterline a settimana, che non è certo abbastanza per soddisfare pienamente i bisogni delle persone ma che potrebbe fare una sostanziale differenza per chi ha un reddito basso e deve fronteggiare i debiti.
Il reddito di base non sarebbe una panacea. Tuttavia, a meno che non venga introdotto al più presto, ciò che noi economisti chiamiamo “effetto moltiplicatore” trascinerà il paese nella peggior crisi economica dalla Grande Depressione. Se il governo ripeterà ciò che fece dopo la crisi finanziaria del 2008, questo non farà altro che alimentare la bolla economica per un’ancor più drastica recessione in futuro.
Ora, cari Idlers, guardiamo il lato positivo della vita. Ipotizziamo che un reddito di base sia entrato in vigore, con la prospettiva che il suo valore salga con la mobilitazione dei fondi e il riconoscimento della sua necessità da parte di politici con la spina dorsale. Spero che, in tal caso, il governo avrà il buon senso di creare una Basic Income Commission indipendente e transpartitica, al fine di supervisionare la sua attuazione e regolare l’importo settimanale in base alla gravità della recessione e alla disponibilità di fondi, rendendola uno stabilizzatore automatico e depoliticizzandola. Vorrei nominare qualcuno come Caroline Lucas a presiedere la Commissione.
A prescindere da questo, i nostri stili di vita potrebbero presto iniziare a cambiare. Con il lockdown stiamo già riapprendendo l’arte di usare piccoli spazi, di oziare costruttivamente e creativamente, di fare lavori utili. Alcuni di noi hanno piantato più verdure nell’ultima settimana o, comunque, in modo diverso rispetto a qualsiasi altro momento della vita.
Abbiamo sconfitto la dipendenza da partite di calcio infinite e persino sentito di amici che hanno raggiunto il punto di saturazione guardando, su Netflix, programmi noiosi e mentalmente sfiancanti. Alcuni di noi stanno rispolverando libri che, per anni, sono rimasti sugli scaffali in attesa di essere letti.
Dovremmo fortemente sperare che alcuni di noi stiano imparando l’arte della scholé, di essere politici in senso deliberativo e contemplativo, cosa essenziale se vogliamo lottare contro la disinformazione e le bugie manipolatorie dei politici populisti e dei loro sostenitori.
Da solo, un reddito di base non trasforma la società, è semplicemente una necessità mentre ci prepariamo ad affrontare quella spaventosa crisi ecologica che soltanto usando il nostro tempo possiamo superare. Facciamolo.
Guy Standing è ricercatore associato alla SOAS University of London e membro fondatore e co-presidente onorario del Basic Income Earth Network (BIEN), un’organizzazione non governativa che promuove un reddito di base per tutti. È autore di diversi libri tra cui Precari (Il Mulino, 2012), Plunder of the Commons (Pelican, 2019), The Corruption of Capitalism (Biteback, 2016) e Basic Income And How We Can Make It Happen (Pelican, 2017). Il suo nuovo libro è Battling Eight Giants: Basic Income Now (Bloomsbury).