Gli chomeurs parigini, le “tute bianche” a Roma, i disoccupati di Napoli: da più parti si agita le mot d’ordre del reddito di cittadinanza. Anche a livello istituzionale si stanno muovendo delle forze che s’indirizzano verso la soluzione della disoccupazione strutturale attuale attraverso interventi redistributivi di parte della ricchezza nazionale a favore delle “fasce più deboli” della società. Viste da un’ottica così lontana potrebbe sembrare che le differenze politiche siano impercettibili. Di fatto, uno sguardo più ravvicinato ci permette di scorgere tra le proposte di ridistribuzione non solo delle crepe, delle fratture, ma dei veri e propri fossati tanto è grande la distanza di ragionamento e divergenti le prospettive politiche che le differenziano. Differenze che si proiettano inevitabilmente sulla definizione e la formulazione concreta delle ipotesi. La stessa cartografia dei modi nei quali l’ipotesi redistributiva della ricchezza sociale è connotata nominalmente dovrebbe far rilevare immediatamente anche le differenze di sostanza (le differenze strategiche) tra le posizioni in campo: reddito di cittadinanza o reddito universale, reddito minimo di sussistenza o reddito minimo garantito. I nomi nascondono o, più semplicemente, sottendono le strategie politiche.
Reddito di cittadinanza verso la società del non lavoro, Agostino Mantegna e Andrea Tiddi, 1999 Roma InfoxoaTools
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