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Reddito garantito per ridare dignità alle persone

di Massimiliano Smeriglio

Oggi, a differenza di ieri, la crisi colpisce fasce sempre più ampie di persone. Di fronte a questi cambiamenti, che sono strutturali e di panorama, è necessario trovare soluzioni nuove che tengano insieme gli aspetti contrattuali, con misure di politiche attive, che aiutino concretamente i lavoratori a essere innanzitutto cittadini con dei diritti.

In questo senso, la proposta declinata in forme diverse di un Contratto Unico di Inserimento per superare la distanza fra chi è garantito oggi, perché ha un contratto a tempo indeterminato, e chi invece appartiene alla crescente e variegata galassia dei precari, non coglie fino in fondo la necessità di aggiornare innanzitutto il concetto stesso di “lavoro”, che sempre più è un non luogo difficile da definire, perché fatto di “tanti luoghi” prodotti dalla frantumazione neoliberista. Le cose sono più intrecciate e hanno un unico comun denominatore che va ricercato nel modello produttivo sviluppista che ci ha accompagnato sino alle soglie del precipizio in cui ci troviamo. L’unica cosa che in Italia continua a crescere in maniera esponenziale è il numero delle ore di Cassa integrazione straordinaria e in deroga, disegnando un modello di welfare sempre più schiacciato su politiche passive. Beninteso, il tema del ricorso alla Cassa integrazione per non lasciare senza alcun salario migliaia e migliaia di persone non è in discussione. Il tema semmai è, ancora una volta, aver praticato la guerra tra poveri favorendo i detentori di contratto rispetto ai precari, i più anziani rispetto ai più giovani. Invece di ragionare su una sorta di tassa di scopo capace di finanziare le emergenze, si è semplicemente scelto, a risorse immutate, di sostenere gli uni a scapito degli altri.

In queste ultime settimane il tema del lavoro, dei giovani, del futuro si è sempre più fatto al centro del dibattito pubblico. Era ora, verrebbe da dire. Si discute delle possibili riforme, di nuovi e vecchi ammortizzatori sociali, di flexicurity. A pochi giorni dalla sua entrata a Via Fornovo, Elsa Fornero dichiarava di essere favorevole all’introduzione di un reddito minimo garantito, anche se subito dopo si affrettava a specificare che si trattava di “una proposta personale” che non era vincolante per il programma di governo. Ma comunque un passo avanti rispetto al deserto immutabile di qualche mese fa. E, su quella scia, ci auguriamo di sentire presto proposte concrete.

La vera e propria condizione di emergenza sociale in cui versa il Paese va infatti affrontata ponendo al centro dell’agenda la costruzione di un nuovo welfare in grado di includere chi, da precario, non ha alcuna garanzia. Il reddito minimo rappresenta in questo senso un valido sostegno per permettere a giovani, precari, disoccupati, di sopravvivere. Oggi rimangono fuori da qualsiasi protezione milioni di precari, di lavoratori intermittenti materiali e cognitivi, di piccoli e piccolissimi imprenditori lasciati in balia di un mercato impazzito. Persone, lavoratori e imprenditori senza sostegni pubblici capaci di far detonare la tanto invocata innovazione di processo e di prodotto.

E allora la domanda che dovremmo farci, in particolare a sinistra, è quale sistema di welfare vogliamo. La prima cosa che abbiamo dato per scontata  è stata l’assoluta sovrapposizione tra ciò che è pubblico e ciò che è lo Stato. Da Bismarck in poi in tutti gli stati nazionali sono nate politiche di welfare. Un welfare però che si basava sulla dimensione lavoristica, e, in paesi come il nostro, tutto schiacciato su politiche familistiche. Da una parte dunque il lavoro e dall’altra la famiglia, e in tutto questo la persona, la cittadinanza, l’individuo non esistono. E’ necessario capovolgere questo stato di cose e far sì che il welfare sia orientato sulla persona, altrimenti ci troveremo sempre più in una condizione per cui chi sta fuori da misure di salvaguardia rimarrà fuori, sempre più fuori. E i dati ci dicono che non si tratta di una nicchia, ma di una percentuale sempre maggiore di persone, pezzi interi di società che raccontano quello che è il presente e quello che sarà il futuro se non interveniamo. La discussione sulla cittadinanza porta con sè evidentemente anche una discussione sull’autonomia, sulla giustizia, sulla mancanza di misure e politiche per soggetti più fragili.

Penso che sia necessario avere l’ambizione di ridisegnare un welfare più inclusivo per la fascia enorme di precariato giovanile e non solo che non gode di alcun ammortizzatore sociale. Il reddito di cittadinanza e il reddito per il cittadino in formazione sono strumenti indispensabili per sostenere milioni di precari, motivandoli ad investire sul talento, sulla formazione continua e, contestualmente, cercando di sottrarli ad un mercato del lavoro in cui si vendono al minor costo e per questa via costruire un modello sociale capace di mettere insieme la crisi economica, sociale e ambientale cambiandogli di segno.

 

Un contributo al dibattito di Massimiliano Smeriglio Responsabile nazionale economia e lavoro Sinistra Ecologia e Libertà, dopo l’appello lanciato dal Bin Italia per la presa di parola per un reddito garantito in Italia

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