La proposta di un provvedimento contro la povertà annunciata oggi da Michele Emiliano ci lascia piuttosto perplessi: Michele Emiliano fa evidentemente confusione tra “dignità” e “carità” proponendo un sistema di welfare inefficace e familista.
Quando il presidente Emiliano promise l’approvazione in tempi rapidi di un “reddito di dignità” – citando esplicitamente la campagna promossa dall’associazione Libera – come ACT e Rete della Conoscenza, che di quella campagna siamo stati co-promotori, speravamo di ricevere notizie positive per migliorare le condizioni delle migliaia di persone che vivono sotto la soglia di povertà e ridurre le diseguaglianze.
Davanti alla proposta del governo regionale, però, scopriamo che si tratta di 600 euro al mese per un nucleo di almeno 5 persone in una fascia ISEE al di sotto dei 3000 euro all’anno. Per intenderci, parliamo di 170 euro al mese a persona, con in più l’ennesimo regalo, sotto forma di incentivi, a quelle imprese che vorranno sfruttare manodopera a basso costo, dietro la foglia di fico dei tirocini e l’umiliazione dei lavori socialmente utili determinando una redistribuzione da chi è indigente a chi vive in condizioni agiate.
Anzitutto rileviamo sin da subito un primo grave errore di fondo: la prestazione denominata Reddito di Dignità sarà erogata su base familiare, estendendo gli obblighi lavorativi e formativi a tutta la famiglia, nonostante la misura preveda poi un unico beneficiario all’interno del nucleo familiare.
In questo modo, il sussidio fornito dalla Regione forse allevia, ma non migliora la situazione del nucleo familiare, i cui componenti resteranno molto probabilmente in condizioni di grave difficoltà, per giunta poco propensi alla ricerca di fonti di reddito aggiuntive, che causerebbero la sospensione o la perdita del sussidio. A causa del nuovo Regolamento ISEE, poi, secondo cui anche le borse di studio incidono sull’ISEE dell’intera famiglia, perfino gli studenti beneficiari di borsa potrebbero optare per la rinuncia agli studi pur di non far perdere il Reddito di Dignità all’intera famiglia.
Sembra quindi già concretizzarsi la possibilità di aggravare la piaga del lavoro nero, come unica risposta all’indigenza in una regione che da questo punto di vista versa già in uno stato di emergenza assoluta.
Se poi, come Emiliano ha annunciato, il Reddito di dignità sarà erogato solo per un anno, l’erogazione prevederà molto probabilmente una sospensione (ad es. di 6 o 12 mesi): è facile dedurre che in quell’arco di tempo il soggetto beneficiario preferirà lavorare in nero, per non superare il limite dei 3000 euro annuali e accedere nuovamente alla prestazione l’anno successivo.
Molto diverso sarebbe se il Reddito di Dignità venisse erogato su base individuale, consentendo a tutti i membri non beneficiari di contribuire attivamente e legalmente al mantenimento della famiglia.
Il secondo grave errore di una proposta di Reddito così concepita è nella riproposizione delle peggiori politiche improntate alla condizionalità, barattando il sostegno al reddito con lo sfruttamento con tirocini e lavori socialmente utili.
Si tratta di politiche già viste, che colpevolizzano chi è indigente e non creano posti di lavoro, rappresentando l’ennesimo sfruttamento di manodopera a basso costo. Non da ultimo, rischiano di disperdere milioni di euro di soldi pubblici per mantenere il necessario apparato burocratico di controllo, come avvenuto 10 anni fa nella nostra Regione con il tristemente noto caso dei lavoratori ex CCR.
Una misura che non solo fallisce sul piano del reinserimento occupazionale, ma inoltre non prova a tutelare l’autonomia individuale, subordinando e legando le necessità di migliaia di giovani a quelle della propria famiglia, senza alcuna possibilità di emanciparsi o realizzarsi professionalmente, se non al prezzo di un’emigrazione forzata al Nord o all’estero.
La nostra idea di Reddito di Dignità non può che basarsi su presupposti completamente differenti, che partano da:
– un’erogazione su base individuale, per favorire realmente l’autonomia dell’individuo;
– un reddito incondizionato o, se condizionato, obbligatoriamente calmierato da congruità, con partecipazione del beneficiario nella scelta del lavoro e controlli alle imprese;
– una lotta non caritatevole alle disuguaglianze e alla povertà relativa oltre che a quella assoluta.
Su questi punti auspichiamo l’immediata apertura di un ampio dibattito pubblico, e invitiamo i gruppi consiliari a confrontarsi subito con associazioni, movimenti e organizzazioni sindacali, in specie quelle che avevano aderito alle campagne Reddito di Dignità e Miseria Ladra.
ACT Puglia – Rete Della Conoscenza Puglia
Articolo tratto da ACT-agire.it sulle proposte di reddito minimo del governatore della Puglia Emiliano. Articolo del 10 novembre 2015