Un altro contributo dopo l’appello del Bin Italia a prendere parola per il reddito garantito. Questo contributo è stato pubblicato anche dal quotidiano Il Manifesto
Sembra che il dibattito pubblico sia ritornato indietro di vent’anni, quando si parlava di flessibilità e non si conosceva la precarietà. Noi che la viviamo da sempre, avremmo qualcosa da ridire sulla riproposizione di un modello, che la crisi del 2008 ha svelato essere fragile e ci offre anche la possibilità di ripensarlo.
Occorre dunque un nuovo sistema di welfare, che promuova le persone e le loro opportunità, che riconosca l’autonomia di scelta professionale, intellettuale ed artistica e che garantisca la continuità del reddito nei tempi di non lavoro. Un modello di welfare universale, che estenda tutele e diritti acquisiti a coloro cui vengono negati. Questo nuovo modello, per noi, passa attraverso l’istituzione di un Reddito minimo garantito come diritto inalienabile di ogni individuo.
Il diritto dei giovanissimi ad avere un reddito di formazione che renda uguali per tutti i punti di partenza; il diritto dei giovani ad uscire dalla marginalità e poter scegliere il proprio futuro al di fuori dei ricatti; il diritto delle persone oggi fuori dal mercato del lavoro e della formazione a non soccombere sotto il peso dell’annientamento, ma ad avere uno strumento per ricominciare; il diritto di essere indipendenti dai propri genitori e la possibilità di diventare genitori a propria volta, perché la paternità e la maternità non possono essere un lusso; il diritto per tutti i lavoratori e le lavoratrici alla rappresentanza; il diritto dei liberi professionisti, dei ricercatori, degli intermittenti dello spettacolo, dei lavoratori atipici, dei free-lance, dei mille arcipelaghi in cui è frazionato oggi il mondo del lavoro a non essere divorati dalla fragilità esistenziale, e, spesso, dalla povertà.
Se questo non bastasse, noi di Tilt abbiamo altri tre grandi perché, cui attribuiamo particolare rilevanza: il Reddito minimo è uno strumento fondamentale di lotta antimafie, perché sottrae manovalanza al ricatto della criminalità organizzata; il reddito minimo è un mezzo per dare riconoscimento a quell’enorme fetta del mercato del lavoro “invisibile”, svolto sotto forma di attività domestica e di cura prevalentemente dalle donne, soggetti che subiscono maggiormente le contraddizioni di un sistema lavorativo che vorrebbe risospingerle continuamente nella sfera privata; l’istituzione di un reddito minimo può collegarsi infine (e qui arriviamo anche al tema della sostenibilità) a una proposta di riforma fiscale che sia in grado di affrontare il tema dell’evasione e nella quale si metta in campo una volontà politica di colpire con più efficacia, a fini redistributivi, gli alti redditi e i grandi patrimoni, anche mettendo in campo il progetto di introduzione di una tassa patrimoniale. Se una proposta di istituzione del reddito minimo viene costruita all’interno di un quadro di riforma del welfare, del mercato del lavoro, della gestione pubblica delle risorse, della riforma fiscale, emerge come la sua sostenibilità economica e finanziaria sia assolutamente possibile e la sua applicazione rappresenti una forma efficace di rilancio dell’economia.
Una proposta non più rimandabile.
Il Manifesto 4 febbraio 2012