Le conclusioni della sessione B coordinata dal Bin Italia al Forum europeo contro la povertà del 27 e 28 novembre 2009 tenuntosi a Napoli.
Verso il 2010: Anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Forum della società civile 27-28 novembre 2009
CONCLUSIONI DELLA SESSIONE B
Il dibattito svoltosi nel corso del focus “B” si è incentrato sui temi della cittadinanza europea, dei diritti sociali e dell’inclusione attiva. La discussione, impegnativa e di notevole spessore, dipanatasi in sette interventi programmati e quattro dal pubblico, ha avuto ad oggetto la necessaria costruzione di un’Europa finalmente e compiutamente sociale. La sfida dell’anno 2010 è stata rappresentata come un’occasione irrinunciabile per le organizzazioni della società civile: l’accento è caduto non solo, come è ovvio, sull’appuntamento dell’anno europeo di lotta alla povertà, ma anche sulla prossima definizione della strategia dell’Europa a 27, nonché sulla decisione circa il badget dell’Unione nel periodo 2014-2020. E’ probabile che queste tre discussioni non rimarranno separate in compartimenti stagni e che diverranno invece terreno di confronto in un dibattito unico: è importante, quindi, che le organizzazioni della società civile sappiamo far interagire i vari piani del discorso.
Sul terreno specifico della lotta alla povertà e dell’inclusione attiva i vari interventi hanno individuato due parole d’ordine, due punti fermi irrinunciabili, destinati a ispirare l’azione concreta dell’Unione. Il primo principio che tutti i partecipanti hanno richiamato nei loro interventi è quello della dignità della persona, l’altro e quello di uno spiccato europeismo.
Quanto alla dignità della persona è stato ricordato come questo valore di fondo non si esaurisca in un richiamo retorico privo di effettività, dato che, al contrario, esso pare ispirare profondamente tutto il costituzionalismo europeo. Sarà sufficiente rammentare il riferimento della costituzione tedesca alla “dignità intangibile dell’uomo” (art. 1), oppure quello della costituzione italiana alla “pari dignità sociale” (art. 3). Anche la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata in sede Onu nel 1948 – come è stato opportunamente osservato – richiama la “dignità intrinseca” della persona.
Ancora più nello specifico la riflessione sul meta-principio della dignità umana si è addentrata nell’esplorazione di una dimensione ancora poco indagata dei diritti fondamentali, quella che rinvia alla possibile codificazione di un “diritto a esistere”, ovvero, detto in altri termini, di un diritto a vedersi garantita la base minima per la propria sussistenza. Ciò ha condotto il dibattito verso la prefigurazione di una nuova misura di sostegno del reddito e, dunque, della persona umana, svincolata dalle condizioni concrete di esistenza del singolo: una misura, quindi, che non faccia riferimento alla qualità di volta in volta di lavoratore, o di disabile o di svantaggiato del soggetto beneficiario, ma che sia compiutamente universalistica nell’ispirazione di fondo.
Il secondo filone di riflessione emerso nel corso della sessione può essere sintetizzato, secondo le parole di uno dei relatori, con l’espressione latina (debitrice dell’insegnamento dei Padri della Chiesa) nulla salus extra Europam: non può esserci, cioè, una politica sociale all’altezza delle sfide contemporanee, al di fuori del riferimento al quadro europeo. L’europeismo dei partecipanti è apparso autentico e ha saputo anche indicare alcuni cantieri di lavoro concreti e praticabili. Tra le proposte e le osservazioni emerse si possono ricordare le seguenti:
- – con l’approvazione e l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona è stato rafforzato il metodo aperto di coordinamento, sicché aumenteranno d’ora in avanti le possibilità per le organizzazioni della società civile di influenzare le decisioni dell’Unione sui temi sociali;
- – stesso richiamo all’impegno della società civile deriva dalla presenza nel Trattato di Lisbona di una norma che consente di sollecitare un intervento legislativo della Commissione, previa raccolta di un milione di firme in tutto il continente europeo;
- – è stato poi sottolineato il recente e rafforzato valore assunto dalla Carta di Nizza, e in particolare del suo articolo 34, comma 3, comunemente interpretato come istitutivo di un diritto al reddito di base;
- – per consentire la costruzione effettiva di un’Europa sociale è stata poi avanzata la proposta di rafforzare i bilanci dell’Unione, mediante l’emissione di eurobond o addirittura tramite la predisposizione di una politica fiscale autonoma, corredata da un potere impositivo indipendente da quello dei singoli stati-nazione.
Lungo gli assi di riferimento della dignità della persona e della costruzione dell’Europa sociale è stato lanciato nella discussione, soprattutto nei primi interventi, il tema ambizioso del riconoscimento a livello continentale di un reddito di base. I vari interlocutori non si sono sottratti a una sfida così ambiziosa e hanno anzi arricchito l’idea di partenza con molteplici sfumature e articolazioni. Se, infatti, nella prima relazione la necessità di riconoscimento del “diritto a esistere” sembrava legata a una garanzia del reddito di natura eminentemente monetaria, nei successivi interventi l’esigenza di sostegno di base per i cittadini europei si è declinata e ampliata fino a comprendere un ampio complesso di diritti. Nel corso degli interventi si è giunti a tratteggiare una sorta di catalogo dei “beni comuni” da garantire a tutti i residenti, tra i quali vanno ricordati beni di base quali la salute, l’abitazione, l’acqua o l’alimentazione, ma anche servizi più sofisticati quali la comunicazione, l’accesso alla vita sociale o l’istruzione. I rappresentanti delle organizzazioni dei disabili hanno contribuito al dibattito ricordando come anche il lavoro debba essere considerato un “bene comune” suscettibile di riconoscimento (circa l’80-85% dei disabili europei è oggetto, infatti, di disoccupazione involontaria); questo richiamo, del tutto raccolto e condiviso dagli altri intelocutori, ha messo in evidenza l’insostenibilità di facili contrapposizioni tra il “lavoro” e il “reddito minimo”, che inducono talvolta a sostenere che un’eventuale misura di sostegno di base dei cittadini avrebbe un effetto disincentivante sull’attitudine a trovare un impiego. Vero è semmai che la garanzia dei mezzi vitali limiterebbe l’appetibilità degli impieghi servili, al nero o mal pagati, e non del “lavoro” in quanto tale.
In definitiva l’insieme dei contributi permette di affermare che, così come il concetto di dignità della persona tende a comporsi di molteplici sfaccettature, analogamente la necessaria misura di sostegno di base dei cittadini sarà chiamata ad assolvere a una molteplicità di funzioni. Da segnalare a tale riguardo, per la novità della prospettiva suggerita, un intervento proveniente dal pubblico, che ha sostenuto la proposta di un reddito di cittadinanza o “di base”, funzionalizzandola alla rottura della rete di consenso che la criminalità organizzata riesce a garantirsi nel territorio, proprio per la sua capacità di assicurare, ovviamente in forma degenerata, una sorta di sistema di servizi e di “assistenza sociale”. Al contrario, è stato detto, la creazione di contesti di vivibilità a livello locale può servire da contrasto al fenomeno mafioso.
In conclusione i partecipanti al forum hanno additato la necessità urgente di dare corpo finalmente, a partire dagli appuntamenti previsti per il 2010, a una vera ed effettiva cittadinanza sociale europea. Il riconoscimento del “diritto a esistere” per tutti i residenti potrebbe divenire la sostanza, anche simbolica, di un simile processo.